(Mario Berardi)
Il Governo è alla ricerca (affannosa) dei 161 voti a Palazzo Madama necessari per varare il nuovo scostamento del bilancio statale (in deficit per 25 miliardi). L’abbandono di alcuni senatori grillini e le assenze per coronavirus rendono precaria la maggioranza Conte: Palazzo Chigi “guarda” verso gli ex pentastellati, ma soprattutto verso le piccole formazioni di centro, dai berlusconiani fuori-usciti all’Udc passando per le autonomie locali. L’obiettivo è quello di evitare la paralisi dello Stato e, ovviamente, la crisi di governo in piena pandemia.
Ma l’attenzione verso il centro, anche per la permanente crisi di Forza Italia (data nei sondaggi al 5-6% dei suffragi) riguarda anche la prospettiva politica del Paese, perché destra e sinistra (ovvero Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia da un lato, M5S, Pd e Leu dall’altro) sono praticamente alla pari, sul 40%, e da soli, con il proporzionale, non possono governare.
Il problema del centro è che non può ridursi a un luogo geometrico, ma dev’essere una proposta politico-programmatica: per questo la frammentazione è il vero rischio di fragilità. In un arco di suffragi sul 10-12% ci sono i cattolici dell’Udc, i laicisti-radicali, i liberal-borghesi della scuola berlusconiana, i neo-confindustrialisti di Calenda: troppe voci per un solo concerto. Va poi segnalata la nuova formazione politica guidata dal professor Stefano Zamagni, con un programma fortemente legato al pensiero sociale della Chiesa: il suo peso elettorale non è stato ancora analizzato dai sondaggisti.
L’attenzione al centro (cui guardano milioni di astensionisti) interessa contestualmente Lega e Pd, insoddisfatti delle attuali adesioni: nel Carroccio il radicalismo di Salvini è stato nettamente contestato dal numero due Giorgetti, che propone una svolta moderata (la Dc padana), l’abbandono dei neofascisti francesi di Marine Le Pen, l’adesione al Ppe della Merkel; questa strategia è molto supportata dai grandi media vicini alla Confindustria, che puntano su un Governo Draghi, impossibile con una Lega di fatto anti-europeista. Salvini resiste agli attacchi, ma i parlamentari europei si sono già divisi a metà tra segretario e vice, dopo l’infortunio del voto di astensione leghista sulla condanna del dittatore della Bielorussia, Lukashenko.
Nel Pd il segretario Zingaretti è stretto tra l’esigenza di rafforzare il governo Conte con l’intesa dei grillini e, contestualmente, avviare rapporti più stretti con i neo-centristi, a cominciare dall’ex ministro Carlo Calenda (nonostante l’avversione di quest’ultimo per il M5S).
Zingaretti ha soprattutto un difficile compito programmatico, sia sul piano economico-sociale (come superare l’economia dello scarto, profeticamente denunciata dal Papa?), sia sul profilo etico-culturale per l’emergere di rilevanti dissensi tra l’ala laico-radicale e quella cattolico-democratica. Su alcuni temi, come la maternità surrogata, sono stati più fermi contro le degenerazioni i parlamentari europei del Gruppo “Socialisti e Democratici”.
Accanto ai problemi di maggioranza il premier Conte, molto silenzioso sui nodi politici, ha affrontato la questione delicatissima, del ritorno del Covid-19: le misure non sono drammatiche, compreso l’uso delle mascherine all’aperto; la proposta più pericolosa, il controllo nelle case private, è caduta per la tempestiva obiezione del presidente Mattarella sul rispetto della vita dei cittadini.
Come ha osservato il “Corriere della Sera”, ancora una volta sono andate in onda trasmissioni televisive volte a drammatizzare gli eventi (già preoccupanti), con il contributo di certi noti esperti. In questa fase difficile, con una situazione politica molto confusa, anche la società civile deve impegnarsi al massimo per non dare spazio ad allarmismi; e i media debbono sempre distinguere tra doverosa informazione e dannoso sensazionalismo.
Questo vale anche per l’economia: è vero che gli scioperi, in questa fase, debbono essere ben motivati, ma il presidente di Confindustria non può ogni giorno minacciare l’Apocalisse. Anche perché, in Europa, l’Italia non è oggi il fanalino di coda: né in termini di ripresa (e mancano ancora i fondi europei da 207 miliardi di euro), né nella lotta alla pandemia.
In una situazione fragile, il senso di responsabilità deve essere per tutti un obbligo morale.