(Editoriale)
Ascolto il racconto di un ex uomo di mare eporediese impegnato in Marina, oggi uomo di Chiesa. Pone la sua attenzione su due fatti dell’ultimo periodo bellico che per lui, ex sottufficiale, avevano avuto molta importanza nella crescita umana e spirituale.
Parla della battaglia di Capo Matapan, sulla punta della penisola greca della Mania, combattuta tra il 28 e il 29 marzo 1941, tra una squadra navale della Regia Marina italiana, al comando dell’ammiraglio Angelo Iachino, e una della flotta britannica, capitanata dell’ammiraglio Andrew Cunningham. Tralasciando tutto ciò che anche le enciclopedie riportano in modo dettagliato, il nostro ex uomo di mare si sofferma sul fatto che dopo lo scontro in cui perdemmo miseramente l’onore, le navi britanniche pattugliarono la zona alla ricerca dei naufraghi italiani. I nostri avversari, quelli che ci avevano sconfitto, non ci lasciarono morire in mare e recuperarono ben 900 naufraghi italiani, come dettagliano le cronache. E quando l’ammiraglio Cunningham fu costretto a rientrare alla base per evitare attacchi aerei tedeschi avvisò via radio, non in codice ma in chiaro, il capo di Stato Maggiore Riccardi, dando le coordinate affinché le autorità italiane inviassero sul posto delle navi per recuperarli. Riccardi ringraziò e rispose di aver mandato una nave ospedale sul posto.
Il nostro ex ufficiale, forte della sua esperienza in mare (in altri tempi, rispetto ai fatti di Capo Matapan), non cessa di ripetere che il valore della vita in mare è sacro, che la vita in mare si salva senza indugio; in mare si corre – dice – anche per salvare una sola vita. Lo stesso accadde dopo l’affondamento nell’Atlantico settentrionale della corazzata tedesca Bismarck tra il 24 e il 26 maggio dello stesso anno, ad opera degli inglesi, che corsero a salvare i naufraghi tedeschi.
A bon entendeur, salut!