(elisa moro) – “Siamo nelle sue mani, siamo nelle braccia della sua Misericordia, che vi è da temere?”
Tra le figure di spicco che lungo i secoli hanno seguito le orme dei Santi spagnoli Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, rivivendone il carisma in modo originale, Maria degli Angeli (Maria Anna Fontanella), torinese e prima carmelitana italiana ad essere stata beatificata, occupa un posto eminente e invita a compiere una profonda riflessione, all’inizio dei nove giorni che anticipano il Santo Natale.
“La beata Maria degli Angeli” – così scriveva il Cardinal Anastasio Ballestrero nel 1965, in occasione del primo centenario della Beatificazione – “si presenta a prima vista… un’autentica figlia della S. Madre Teresa, nella quale è difficile scorgere tratti o caratteri particolari estranei a quelli che costituiscono l’essenza e offrono la fisionomia tipica della carmelitana scalza. È il più grande elogio che di essa si possa fare”.
Una perfetta carmelitana scalza dunque, innamorata di Dio e ardente di zelo per la Chiesa e per i fratelli.
Ma con uno stile tutto suo, perché la fantasia di Dio è inesauribile. Forse, tuttavia, poche volte nella storia della santità cristiana è avvenuto che le vicende personali di una piccola monaca di clausura si siano intrecciate così strettamente con gli avvenimenti sociali e politici del tempo.
Attorno a lei infatti sono ruotati i personaggi più in vista del ducato sabaudo, a cominciare dallo stesso principe regnante, il duca Vittorio Amedeo Il, sua madre (la seconda Madama Reale Giovanna Battista), la Duchessa Anna d’Orleans, sua moglie e molti esponenti della nobiltà piemontese, oltre ad alcune figure di eminenti religiosi ed ecclesiastici, tra cui emerge quella del beato oratoriano Sebastiano Valfré.
Nata il 7 gennaio 1661, nella bella e signorile Torino, Marianna Fontanella, figlia di Giovanni Donato Fontanella e Maria Tana, Conti di Santena, si formò presso il Monastero delle Monache Benedettine Cistercensi di Saluzzo dove scoprì e coltivò i primi passi della sua vocazione religiosa.
Nel frattempo però un avvenimento fortuito orientò diversamente le scelte di Marianna, in coincidenza con l’ostensione della Santa Sindone.
«Un giorno mia madre mi mandò a vederla.
Trovandosi sull’istesso poggiolo un de’ nostri Padri (carmelitani), mi chiamò (chiese) se volevo andar presso di lui che mi avrebbe parata dalla pioggia che veniva in abbondanza.
Incominciai a salutarlo e ringraziarlo, ed altri complimenti del mondo. Mi cominciò a interrogare se volevo esser religiosa: io li risposi che la mia età mi permetteva ancora tempo per pensarvi… Mi lasciai convincere. Rispondo di sì… Mi cominciò a dirmi:
“E delle nostre si farebbe? Io li risposi: “Non le conosco”.
Mi andò dichiarando la vita che facevano, e come andavano vestite di quel panno che lui aveva l’abito.
Mentre mi andava raccontando della sua osservanza, mi sentivo andar crescendo il desiderio: in quel punto venne un’altra ramata (scroscio) di pioggia: questo buon Religioso mi pose la sua cappa su la testa.
Oh Dio! Che effetto mi fece nel mio interno questa cappa: mi pareva d’esser sotto il manto della SS. Vergine.
La supplicai che mi volesse accettare per sua figlia, che non mi negasse questa grazia.
L’istessa petizione feci al santissimo Sudario, e con tanta tenerezza di cuore che quello non mi guastò la pioggia del cielo mi guastarono le lacrime degli occhi».
Un incontro reale, “incarnato”, che porta ad un “sì”, ad una conversione vera e che trova il suo culmine riflettendo gli occhi in quelli del Volto impresso nel telo sindonico, un volto eloquente, misterioso, che tanto sarà oggetto di venerazione da parte di Madre Maria degli Angeli, devota alla Passione di Cristo, al punto che, sempre citando Ballestrero: “amò intensamente la Croce”.
Il 19 novembre 1676, lasciando i suoi di casa “nel pianto”, Marianna, non ancora sedicenne, varcò la soglia del convento carmelitano di Santa Cristina, prendendo il nome di Maria degli Angeli ed emettendo la professione il 26 dicembre 1676, nel tempo natalizio, assai caro alla Tradizione carmelitana.
Dotata di una forte personalità, di temperamento equilibrato e riflessivo, di spiccate doti di intelligenza, ma soprattutto per la sua eccezionale statura spirituale, ancora giovanissima fu incaricata della formazione delle novizie, dopo aver attraversato un durissimo periodo di prove interiori, al punto da affermare: “mi avete ingannata o Dio!” e patire sia fisicamente che interiormente.
Nel 1694, a soli trentatré anni, con dispensa della S. Sede, fu eletta priora.
È il periodo della sua piena maturità umana e spirituale: il Signore la favorisce di grazie mistiche straordinarie, cui ella corrisponde con una generosità senza riserve, facendosi davvero “tutta a tutti”, con umiltà, dedizione, spirito di servizio, attenzione delicata ai bisogni delle sorelle, sollecitudine amorosa per la loro crescita spirituale, fedeltà piena al carisma dell’Ordine, con una particolare predilezione per la S. Madre Teresa, per la quale nutre una singolare devozione e dalla quale è ricambiata con eccezionali favori.
Particolarmente vive in pienezza la Santa Eucaristia, come si legge nella sua autobiografia: «Il mio buon Gesù, lo trovo dappertutto e non sono mai sazia di trattenermi con Lui».
Ma la sua santità brillò soprattutto nell’amore ardente per le anime. Alimentato dall’esperienza forte della preghiera, sostenuto dalla penitenza generosa e da una carità ardente, il suo zelo si concretizzò “in opere ed opere” a favore di chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto o della sua preghiera.
La fama della sua santità varcò presto le soglie della clausura, soprattutto per le frequenti visite al monastero da parte delle principesse reali e del loro seguito.
Persone di ogni ceto e categoria ricorrevano a lei per consiglio o per interporre la sua intercessione presso il Signore. Tra questi si distinguevano Madama Reale, la Duchessa e lo stesso Vittorio Amedeo II.
Desiderosa di sfuggire a tale notorietà e spinta dal desiderio di fondare un nuovo carmelo che potesse accogliere le giovani che non potevano essere ricevute a S. Cristina per mancanza di posti, avviò allo scopo trattative con i Superiori e con la Corte.
Superate innumerevoli difficoltà, il 16 settembre 1703 ebbe la gioia di vedere inaugurato il Carmelo di Moncalieri, dedicato a San Giuseppe, senza però potervisi trasferire per l’opposizione dei Savoia che avevano esercitato forti pressioni sui Superiori per impedire che la Madre si allontanasse da Torino.
Di qui continuò a provvedere le monache di Moncalieri del necessario, occupandosi della loro formazione spirituale e vigilando con cuore di madre sul buon andamento della comunità.
Questo fino alla morte, avvenuta a Torino il 16 dicembre 1717.
Jesús Castellano Cervera, in una recente conferenza in occasione del terzo centenario di fondazione del carmelo di Moncalieri, parlando di questa «prima figlia di Teresa beatificata qui in Italia», parlava di un gemellaggio spirituale tra Teresa di Gesù e la beata Maria degli Angeli, scorgendovi quasi una interpretazione dell’essere e della vita della Madre.
«Chi legge la biografia della beata Maria degli Angeli – diceva – sente una specie di straordinaria affinità spirituale tra le due donne di Dio: nei fervori iniziali, nelle resistenze fatte al Signore, nella ricerca delle vanità adolescenziali che frenano il dono totale di sé, nella grazia della conversione, nell’amore verso S. Giuseppe… verso la Madre di Dio, nel fervore eucaristico, nella dolce maternità spirituale, nella capacità di trattare con tutti, anche con la nobiltà torinese, come Teresa trattava con il re e con altri nobili.
È vivo nella figlia lo stesso amore per Cristo nella sua santa Umanità, che troviamo nella Madre: l’Umanità in tutti i suoi misteri, dal Natale alla Passione e Risurrezione.
Ha goduto di esperienze mistiche, simili a quelle della Madre fondatrice: parole interiori, grazie eucaristiche, grazie trinitarie, ma soprattutto ha coniugato bene, come la sua Santa Madre, il binomio miseria-misericordia.
Altissimo senso di Dio e profonda umanità, con le sue consorelle, ma anche con tutti. Nel solco della eredità teresiana, ha lasciato un’impronta, una ricchezza di continuità del carisma della famiglia teresiana. Un carisma che si arricchisce con il tempo e diventa anche patrimonio di vita».