Siamo entrati nel tempo privilegiato della Quaresima attraverso questo efficacissimo portale d’ingresso che è il Mercoledì delle Ceneri. La Quaresima vuole introdurci e portarci sulla soglia della Pasqua perché possiamo tornare a vivere secondo l’immagine di Cristo risorto. Perché sia così, avremo bisogno di renderci conto realisticamente di ciò che siamo e allo stesso tempo di desiderare ciò che invece siamo nella mente di Dio.

Questi passaggi ci aiuteranno a vivere da pellegrini e non è un caso che la Sapienza della Chiesa abbia disposto la Quaresima come un tempo di quaranta giorni con un efficace rimando ai quaranta giorni passati da Mosé sul Monte Sinai prima di ricevere le Tavole della Legge, ai quarant’anni vissuti da Israele nel deserto prima di giungere alla terra promessa, ai quaranta giorni in cui Gesù portato dallo Spirito Santo, si è disposto a ricevere la tentazione prima di vivere l’esperienza della vita pubblica con la modalità del Figlio ubbidiente alla volontà del Padre e pienamente fiducioso nella sua benevolenza. Dunque, nella scrittura il numero quaranta è sempre riferito all’attesa di qualcosa di straordinario che Dio vuole donare all’umanità credente. Ci aiuteranno a “lasciare il vecchio” e a “desiderare il nuovo”, i testi della Liturgia della Parola prevista per i giorni feriali e per le cinque domeniche di Quaresima. La prima e la seconda domenica pur nella diversità dei tre anni liturgici sono state pensate come un rimando all’esperienza della morte e risurrezione di Cristo: la morte intesa come mortificazione e penitenza nella domenica delle tentazioni nel deserto (la prima di Quaresima), la risurrezione intesa invece come contemplazione della divinità già in terra, nel racconto della Trasfigurazione (seconda domenica di Quaresima). Procederemo nelle successive domeniche secondo il ciclo di letture previste nell’anno C con testi prevalentemente lucani che ci aiuteranno a meditare sul tema della conversione e della riconciliazione.

Nella presente liturgia, siamo stati introdotti dal testo del profeta Gioele. Si tratta di un brano assai evocativo che sposta subito l’attenzione da ciò che si fa a ciò che si è, dall’esterno all’interno dal culto, dell’apparenza ad una più efficace attenzione a ciò che dimora nel nostro cuore. “Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio perché egli è misericordioso e pietoso”: questa attenzione sul cuore sta ad indicare una profonda verità che già ci è stata anticipata provvidenzialmente dal Vangelo ascoltato domenica scorsa: quella trave nell’occhio dalla quale siamo stati messi in guardia e che ha come effetto una distorsione della vista, viene descritta così grande proprio perché nessuno si è mai occupato di essa fin da quando nel medesimo occhio si trovava. La sua grandezza corrisponde certamente alla consistenza attuale del danno ma anche al tempo in cui è rimasta nell’occhio proprio perché nessuno si è mai preoccupato di toglierla. Ci viene in mente allora il famoso dialogo descritto nel Secondo Libro di Samuele al capitolo 12 in cui il profeta Natan si rivolge al re Davide raccontandogli la novella dell’uomo ricco che pur avendo tutto prende la piccola e unica pecora dell’uomo povero. Dopo aver ascoltato questo racconto Davide reagirà istintivamente dicendo: “per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata“. Chiaramente Natan aveva utilizzato il racconto per aiutare Davide a capire realmente cosa aveva fatto uccidendo Uria ed unendosi a sua moglie Betsabea. Ma è molto interessante la dinamica. Davide ha già dimenticato o ha già ridimensionato l’aver ucciso Uria e preso sua moglie Betsabea: ecco il potere della trave nell’occhio, non ci fa scorgere la sua presenza ma devia lo sguardo sulla pagliuzza nell’occhio dell’altro, esattamente come è accaduto a Davide, che si è fatto giudice dell’uomo ricco e difensore dell’uomo povero. Noi non siamo diversi dal re: anche noi dimentichiamo gli errori commessi e il male compiuto, lo facciamo normalmente perché altrimenti non sopravviveremo al rimorso, o anche perché abbiamo sperimentato la misericordia illimitata di Dio e ce ne serviamo a nostro uso e consumo. Ma il male esiste e, tranne che per le tragedie naturali, normalmente siamo noi a compierlo.

Per distogliere Davide da quel torpore mortifero che uccide la coscienza e apre il cuore a nuove e illimitate passioni, Natan dirà repentinamente: “Tu sei quell’uomo!”. Oh quanto sono state utili quelle parole, hanno provocato in Davide un percorso di mortificazione che ha permesso la morte dell’uomo vecchio e la nascita dell’uomo rigenerato ad immagine di Dio. Quelle parole sono state per Davide come una doccia fredda che gli ha impedito di rimanere in un mondo di illusioni, in cui l’immagine di sé non veniva intaccata ma anzi rafforzata, certamente secondo la mentalità del mondo e non quella del Dio che ci ha creati.

Carissimi fratelli e sorelle le parole rivolte da Natan a Davide corrispondono per noi a questo tempo di Quaresima che ci è dato provvidenzialmente per non continuare a pensare che andiamo bene così, che ciò che facciamo e il nostro stile di vita siano per noi l’unica possibilità di attraversare il tempo che ci è dato da vivere. Non perdiamo neanche una delle parole che le liturgie quaresimali vorranno offrirci, meditiamo sui testi delle celebrazioni eucaristiche feriali e domenicali. Essi saranno quella voce profetica che come è stato per Davide ci distoglierà dalla complicità con le passioni che vogliono continuare a toglierci la speranza. L’aiuto che potrà offrirci questa Quaresima ci darà nuova vita e porrà fine alla dispersione del cuore: la lettura orante della parola, la condivisione di ciò che abbiamo in abbondanza con chi non ha, ed ogni rinuncia che vorremo vivere, potrà servirci per ricordare che “non va bene così” e saranno le vie concrete attraverso cui permettere al Figlio di tornare ad essere via, verità e vita per noi. Quando fra qualche istante riceveremo il segno penitenziale delle Ceneri, attraverso quelle parole che ci ricorderanno di che materia siamo fatti o che ci inviteranno alla conversione, non dimentichiamoci di ringraziare il Signore perché ancora una volta non ci lascia là dove siamo, ma viene a cercarci come la pecorella smarrita, come il malato che pensava di essere sano e di non aver bisogno di un Dio così.

Il vescovo Daniele