La cerimonia avrebbe dovuto iniziare all’esterno, sul sagrato. Le infauste previsioni meteo hanno portato gli organizzatori a miglior consiglio e l’inaugurazione della “rinata” Notre-Dame ha avuto luogo all’interno della Cattedrale, uno dei simboli di Parigi.
Mentre i “grandi della terra” omaggiavano la “grandeur” della Francia e di un Presidente ormai senza reale appoggio popolare e politico, le colonne jihadiste entravano nella capitale siriana Damasco, la popolazione di Gaza restava isolata in condizioni umanitarie orrende, la tregua nel sud del Libano era solo apparente (o dimenticata), in Ucraina continuavano aspri combattimenti e il vescovo cattolico di El Obeid, monsignor Yunan Tombe Trille Kuku Andal, presidente della Conferenza Episcopale del Sudan e del Sud Sudan, si doveva ancora riprendere dalle ferite causate dalla brutale aggressione subita qualche giorno prima da parte delle milizie in guerra nel Sudan dimenticato, dove 11 milioni e mezzo di persone hanno dovuto abbandonare le loro case.
Papa Francesco, nel suo messaggio letto dal nunzio apostolico, ringraziando tutti coloro che hanno contribuito alla straordinaria opera di ricostruzione di Notre-Dame, ha detto: “Coloro che vi hanno preceduto nella fede l’hanno costruita per voi, le innumerevoli rappresentazioni e i simboli che contiene sono vostri: hanno lo scopo di guidarvi in modo più sicuro a riscoprire il Suo immenso amore”.
Le suggestive riprese televisive dei lavori e dei restauri hanno insistito più che sui simboli cristiani sui paramenti dei celebranti, realizzazioni di grandi firme della moda. La copertura mediatica della cerimonia ha ospitato l’ostentazione del potere politico mondiale confluito per l’occasione, oscurando ogni messaggio religioso.
Fra una settimana il Papa sarà ad Ajaccio in Corsica, paese natale di Napoleone che proprio a Notre-Dame fu incoronato imperatore da Papa Pio VII. Chiuderà un congresso sulla religiosità popolare nell’area mediterranea, tema caro a Francesco, e incontrerà Macron all’aeroporto prima di ripartire per Roma.
Padre Tiboni, grande missionario comboniano del nostro tempo, ripeteva sempre che i santuari non dovevano essere monumenti o musei, ma luoghi di vita e di preghiera. Questa è la sfida della nuova Notre-Dame. “Ma il manto di Maria [Notre Dame] non è forse abbastanza ampio da coprire e proteggere tutti i suoi figli?” (Adrien Candiard)