La tecnologia ad uso dei neo-genitori studia e progetta sistemi sofisticatissimi per indicare tante cose: come conoscere i bisogni del bambino, come dondolare il passeggino, facilitare l’addormentamento, monitorare i parametri vitali…

Iva Zanicchi, nel 1976, cantava “Mamma tutto” (il titolo originale della canzone era “Maman bonheur” di Jean Kluger) rappresentandovi una figura materna in grado di comprendere istintivamente ogni esigenza del proprio bambino. Un’immagine giudicata oggi antica e stereotipata, lontanissima dalla genitorialità che si esprime nel nostro quotidiano.

Un tempo i neo-genitori potevano contare su un esperienza molto più vicina, quella di bambini cresciuti nell’ambiente familiare più prossimo, che consentiva la trasmissione di “tradizioni” e di conoscenze dirette e forniva un aiuto concreto per risolvere piccoli dubbi o ansie che naturalmente assalgono chi si prende cura di un nuovo nato. Nella società presente, invece, le famiglie non sono sempre così vicine e non sempre così disponibili; spesso, poi, passano così tanti anni tra una nascita ed un’altra da far dimenticare le “strategie” per risolvere piccoli problemi. In una società “social” e ricca di “app”, è il web l’interlocutore principale a cui rivolgersi per chiedere aiuto e per gestire il quotidiano.

Con l’intelligenza artificiale applicata al benessere della persona, nascono quei sistemi per monitorare e gestire la vita dei più piccoli: dal calzino per tenere sotto controllo i parametri vitali ai dispositivi che simulano il movimento dell’auto per facilitare l’addormentamento, oltre all’app che, attraverso un algoritmo, “traduce” il pianto del bambino. Questa tecnologia non toglierà il piacere della scoperta di una nuova creatura nel mondo? I genitori che hanno passato ore a guardare il proprio bambino respirare, dormire, hanno messo le dita nel pannolino o lo hanno vestito e svestito per timore che facesse troppo caldo o troppo freddo che fine faranno? Riusciranno a sopravvivere al sistema infallibile o, se anche non infallibile, che avvisa di uno specifico bisogno? Ma poi, un giorno, ci sarà un sistema che addirittura anticiperà i bisogni del neonato per evitare addirittura che cominci a piangere?

L’intelligenza artificiale è impegnata a studiare il pianto patologico per distinguerlo da quello “normale”; il che faciliterà le diagnosi precoci del pediatra di turno, soprattutto in caso di sordità, rischio di asfissia, insufficienza respiratoria o ipotiroidismo e in molte di queste situazioni sarà in grado di salvare delle vite. L’importante è che non si abdichi al proprio ruolo a favore della tecnologia perdendo quel legame assolutamente speciale che deve crearsi tra genitore e figlio. Perdere tempo a far mangiare o a far addormentare il piccolo, imparare a tenere in braccio e cullare la creatura durante una colichetta, addormentarsi insieme, e tanto altro, rende quel bambino speciale.

Gli strumenti elettronici, più o meno intelligenti, potranno essere un utile supporto, a patto che non diventino uno stratagemma per delegare quanto appare noioso o pesante nel crescere un bimbo. Il tempo che questi passa nell’età dell’infanzia è limitatissimo (rispetto alla lunghezza della vita) e scoprire il mondo insieme a lui che cresce è una delle esperienze più totalizzanti che un genitore possa fare. È il genitore il primo esperto del proprio figlio, e lo diventa dedicandosi a lui, imparando ad osservarlo e ad ascoltarlo giorno dopo giorno.

Con buona pace di tutte le app.