Nel 2021 l’allora 18enne ginnasta Nina Corradini, una delle mitiche “farfalle”, che abbiamo apprezzato in tante competizioni sportive, lascia la squadra e accusa di “pressioni mentali” per il controllo del peso.
La denuncia verso le allenatrici della Federginnastica (FIG) e successivamente di quelle del centro sportivo di Calcinato, ha dato il via ad un’importante inchiesta che ha fatto emergere denunce di molte altre ginnaste sulle vessazioni a cui erano sottoposte. Le accuse, in aggiunta alle violenze psicologiche, riguardano l’induzione verso disturbi del comportamento alimentare per mantenere l’assoluta magrezza a loro avviso utile per completare al meglio gli esercizi. Il mondo dell’agonismo richiede ad ogni atleta uno sforzo nel mantenere alta una disciplina con sforzi fisici e mentali. In questo caso però, le atlete venivano obbligate all’uso di continui lassativi e a rinunciare al cibo per non essere umiliate nelle pratiche di registrazione del peso.
Lo sport è certo pratica importantissima ed elemento che contribuisce allo sviluppo armonico della persona; ha comunque una serie di insidie a cui è necessario porre molta attenzione. Ogni atleta subisce degli “stressor” che, W. Janke definisce “esterni”, se riguardano l’ambiente in cui vengono praticati, la deprivazione sensoriale e il rischio di infortuni; dovuti alla deprivazione dei bisogni primari, quando correlati al fuso orario, ai disturbi del sonno, alle condizioni climatiche non ottimali, alla scarsa alimentazione ed idratazione; legati alla prestazione, individuando qui le condizioni di eccessiva pressione fisica e psicologica, eccessiva ripetitività degli allenamenti, la gestione degli insuccessi; vi sono poi gli “stressor sociali”, ascrivibili ai conflitti (con l’allenatore, compagni, genitori) e all’isolamento sociale (trasferimento in città diverse da quelle di origine, continui spostamenti, interruzione della scuola) ed infine gli elementi stressanti che si attivano nel caso in cui si debbano prendere decisioni difficili, sulle incertezze sul proprio futuro agonistico… Se dunque sia impossibile non legare fattori di stress ad una prestazione agonistica, bisogna ribadire che se l’atleta è stressato nel modo giusto, la sua performance sportiva sarà buona.
Il CONI e le Procure hanno stabilito un protocollo d’intesa per proteggere tutte le persone coinvolte nel mondo dello sport da ogni tipo di forma di violenza. Le patologie legate ai disturbi alimentari, coinvolgono le giovani in modo drammatico, l’attenzione maniacale nei confronti del peso si associa, per le atlete, anche a maggiori livelli di ansia, bassa autostima e perfezionismo.
Per guarire da un disturbo alimentare non bastano né l’allontanamento dal contesto che ha favorito l’insorgenza del disturbo né la sola forza di volontà: è un percorso che coinvolge professionisti specifici e altamente preparati in grado di mettere in pratica trattamenti utili ad affrontare il cambiamento e tagliare il legame che, per le persone affette da un disturbo alimentare, unisce il proprio valore alla valutazione del peso.
Oltre alle conseguenze psicologiche non dimentichiamo che i disturbi alimentari hanno conseguenze fisiche a lungo termine che compromettono il corretto funzionamento degli organi interni, come cuore, reni, fegato; che favoriscono l’osteoporosi, fatica cronica, disturbi della fertilità e molto altro ancora.
Indurre un disturbo alimentare equivale indurre ad un comportamento autolesivo. Nessuno ha bisogno di questo tipo di eroi.