di Marco Tullio Giordana
paese: Italia, 2018
genere: drammatico
interpreti: Cristiana Capotondi, Valerio Binasco, Adriana Asti, Stefano Scandaletti
durata: 1 ora e 30 minuti
giudizio: interessante

 

In sala dall’8 marzo, l’ultimo film di Marco Tullio Giordana tratta di un tema attuale e odiosamente diffuso: le molestie sulle donne nei rapporti di lavoro. Dopo i casi di cronaca, e il manifesto nato dall’inchiesta sul produttore americano Harvey Weinstein, abbiamo compreso come non si tratti soltanto di violenza, ma di un sistema sommessamente accettato, di un modo di pensare e di un problema culturale: la scuola e l’educazione, come sempre, hanno il compito di porre le basi per un diverso concetto delle differenze di genere e per migliorare le dinamiche sociali. Un programma difficile? Sì, nel nostro Paese, la strada da percorrere è ancora lunga.
Nina Martini è una giovane donna che decide di trasferirsi da Milano a un paesino ameno della provincia brianzola: ha una bambina da crescere e accetta di buon grado un nuovo posto di lavoro da inserviente, all’interno di una lussuosa casa di riposo per anziani. Tutto sembra tranquillo all’interno della villa, finché la ragazza si trova a dover fare i conti con il direttore della struttura, uomo bieco e abituato a richiedere favori sessuali alle dipendenti in cambio della tranquillità dell’impiego. Nina decide di denunciare il fatto, ma si ritrova improvvisamente sola all’interno di una struttura e di un impianto fatto di silenzi, di mancate testimonianze e di paura. Con tutto il coraggio di cui dispone, la protagonista continuerà la battaglia.
La pellicola ha il difetto di apparire didascalica, senza la passione civile cui ci ha abituati il regista (“La meglio gioventù”), ma ha il pregio di aprire una discussione necessaria.
In una recente intervista Concita de Gregorio, giornalista affermata, ha raccontato come si sia trovata spesso a dover affrontare, in ambito professionale, la questione del “ruolo”: “In un mondo dove chi comanda è quasi sempre uomo, per fare qualcosa che ti piace occorre chiedere il permesso, noi siamo abituate da sempre a scansare l’insidia, a stancare, a farci più piccole, anche a sembrare più stupide”. Come si diceva, nel nostro Paese la strada è ancora lunga.

Graziella Cortese