“Il linguaggio è una fonte di malintesi”, disse la volpe rispondendo al Piccolo Principe in quel capitolo XXI dell’opera di Antoine de Saint-Exupery. Era il momento in cui i due cercavano il modo per diventare amici attraverso parole, modi di fare, rituali, tempi e circostanze. Scritto per i bambini è destinato agli adulti, che poco lo conoscono e che invece andrebbe ripreso, soprattutto oggi.
In questo momento storico difficile ed incerto dove parole grosse volano di qua e di là creando scompiglio. A cominciare dalla politica, e poi a cascata nell’informazione, in famiglia, a scuola, sul lavoro, nel divertimento. Il linguaggio e i toni che oggi vanno di moda – dovrebbe aggiungere l’autore del libretto, se fosse ancora vivo – sono fonte di divisione, odio, esasperazione, paura, violenza. Perché al malinteso si pone rimedio, al resto è decisamente più complicato e più lungo.
I toni sono alti, volutamente tenuti alti. Le conseguenze sono ampiamente palpabili. I risultati a cui ci condurranno si intravvedono all’orizzonte. Il linguaggio usato dalla politica, soprattutto, sta spaccando sempre di più l’Italia in due. Ma l’Italia siamo noi, tutti noi, a Roma come ad Ivrea o nei paesi dove viviamo. Noi, ci stiamo spaccando in due. Gli uni da una parte, gli altri dall’altra. Buoni e cattivi. Gli italiani e gli altri. I giornalisti scomodi e gli altri. L’Italia e l’Europa. Il cambiamento e il passato. I poveri e gli altri poveri. E tanto altro. La peggior accusa che si poteva raccogliere nel Rwanda del post genocidio (e vale tutt’ora) era quello del divisionismo, da cui non sfuggivano neppure gli stranieri. Certo, devono proteggersi dalla nostalgia – comunque improbabile date le condizioni odierne, ma non si sa mai – della divisione su base etnica che portò alla tragedia del 1994.
Chi vuol leggerci dentro un modo per evitare anche l’opposizione politica a chi governa, può farlo, e troverà qualche elemento per convincersene. Tutti gli eccessi provocano danni. Ma il linguaggio che stiamo ascoltando e quello che rapidamente – e tristemente – abbiamo assimilato così come tanto di quello che troviamo scritto e scriviamo, sta portando alla deriva tutto ciò che con fatica era stato costruito dall’indomani dell’ultimo conflitto. Costruito anche con degli errori ma mai nello spirito di spaccare un popolo in due, di metterne un pezzo contro l’altro. Non è tempo di andare oltre. E’ già l’ora di ricostruire.
Carlo Maria Zorzi