Soprattutto nei giorni faticosi e amari, Patrizia desiderava farsi accompagnare ad “ammirare la Pietra”. Anche Tonino ne aveva piacere: avrebbero voluto farlo a piedi, come una volta, ma adesso si dovevano accontentare della macchina, anch’essa un po’ a corto di fiato, con il carburatore stanco.
I preparativi erano importanti, come sempre: bisognava scegliere bene il vestito e trovare il cappello giusto. Occorreva solo un po’ più di fard per le guance, perché non si notasse quel pallore che non le piaceva affatto. Uscendo nel suo amato giardino, Patrizia era invasa dai profumi della sera e godeva del silenzio del tramonto. Anche l’agitazione dei cani e il furtivo muoversi dei gatti non disturbavano quel silenzio speciale che scopriva sempre nuovo ogni giorno.
Una mezz’ora era sufficiente per ammirare dalla strada, da varie prospettive, la Pietra di Bismantova, continuando a ricordare il IV canto del Purgatorio: “Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,/montasi su Bismantova e ‘n Cacume/ con esso i piè; ma qui convien ch’om voli”. Anche per lei non era più possibile accedere a piedi, con le sue sole forze, a tanti luoghi oppure svolgere tante semplici funzioni quotidiane. Sentiva, però, come il sommo poeta, che occorreva volare: “dico con l’ale snelle e con le piume/ del gran disio, di retro a quel condotto/ che speranza mi dava e facea lume”.
Il gusto per l’eleganza, il senso del bello, la percezione dell’armonia, la passione per la giustizia, continuavano ad animarle, inesorabilmente, il cuore e le riempivano anche le giornate più tristi. Le piaceva l’espressione dialettale, che aveva imparato subito: “al mal d’la Preda” (il male della Pietra). Davanti alla montagna sentiva anche lei, come il popolo semplice, una strana nostalgia e una specie di magia: come Dante, che si ispirò all’asprezza di quella rupe dell’Appennino per descrivere l’ascesa al monte del Purgatorio.
La sua scuola, dove per tanti anni aveva insegnato lettere, l’ha voluta ricordare – assieme allo sposo Tonino, ai figli Giacomo e Simona, alla sorella Simonetta e a tanti amici – con sei borse di studio per studenti meritevoli e bisognosi, perché ci possa essere una scuola per tutti, di qualità ed equa.
“Il mio canto è un sentimento/ Che dal giorno affaticato/ Le notturne ore stancò:/ E domandava la vita”
(Clemente Rebora)