(Ferdinando Zorzi)

Il termine cattedra è forse, nella nostra lingua, quello più carico di riferimenti all’autorità. Nella Chiesa è il seggio del pontefice e dei vescovi, simbolo del loro magistero ed elemento importante e inamovibile delle relative sedi, dette appunto cattedrali. Nella scuola, la sedia del docente ha finito per estendere il suo significato alla scrivania adiacente, alla pedana che la rialza (oggi raramente mantenuta), ma soprattutto alla funzione d’insegnamento di una determinata disciplina secondo un certo orario. Meta ambita da tanti giovani insegnanti, da raggiungere attraverso un concorso in cui si vince un ruolo, la cattedra significa allo stesso tempo lavoro e responsabilità.

L’autorità però, come ricorda Gesù alla folla e ai suoi discepoli, comporta l’esserne degni, vale a dire essere disposti ad agire nei fatti secondo quanto si insegna con le parole. La coerenza è l’aspetto più visibile di chi ha un ruolo pubblico, e la sua mancanza è la prima cosa che viene contestata. Un secondo fattore di rischio in ogni carica si realizza caso in cui essa venga esercitata soprattutto, se non unicamente, per averne in cambio onori e vantaggi materiali. Ripensando alle cattedre di cui sopra, sembra emergere una diversità tra l’epoca del Signore e la nostra: né il ruolo di docente né quello di pontefice danno oggi particolari vantaggi materiali e, in quanto agli onori, sono in costante diminuzione. Non deve però sorprendere: nell’epoca del calo della Fede nella suprema Autorità di Dio, almeno in Occidente, anche le ben più effimere autorità terrene non se la passano bene.

Le esigenze profonde dell’essere umano non sono tuttavia cambiate e le guide e i punti di riferimento sono ancora ricercati: ma solo sulla strada tracciata dall’unico Maestro, esercitando un’autorità intesa come umile, competente e responsabile servizio, si può pensare di proporre un insegnamento autorevole, a imitazione del Suo.

Mt 23,1-12

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».