Ieri è stata una bella ed entusiasmante giornata; sono andato a informarmi per la mia pensione. Esaminati i miei contributi, anche se lavoro dall’età di 19 anni (quando se stavi a casa gli ammortizzatori conosciuti non erano quelli sociali ma al massimo quelli della motocicletta), andrò tranquillamente in pensione a 68 anni suonati, stante l’attuale regime pensionistico. Ma per essere certo – mi hanno spiegato – devo fare lo SPID, indispensabile un domani (anche) per andare in pensione.
Ora, secondo la pubblica pubblicità della Repubblica, “Il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) è la chiave di accesso semplice, veloce e sicura ai servizi digitali delle Amministrazioni locali e centrali”. Nato dal parto cesareo che recita “Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, recante il Codice dell’amministrazione digitale, e, in particolare, l’articolo 64 che prevede l’istituzione del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese”, sembra un provvidenziale intervento governativo per transitarci nella vita informatica. Ma perché? Alla domanda ti rispondono che con lo SPID puoi anche vedere il tuo fascicolo sanitario! E sai che roba!
Io sono un dipendente della Pubblica Amministrazione che quando entrai in ruolo dovetti fare il rito della “promessa solenne” di fedeltà alla Repubblica davanti al mio preside a Ivrea con tanto di testimone, tutto verbalizzato. Adesso lo Stato non mi riconosce più: in virtù del D.L 7 marzo 2005, n. 82 non mi manderà in pensione in futuro se non avrò lo SPID.
Oltre alla carta d’identità avevo il libretto verde del pubblico dipendente, una seconda carta d’identità, tipo quella dei militari. Ora non mi riconoscono più. Non sanno più chi sono, a livello informatico. Potrei essere un terrorista o un’ameba in un brodo di coltura. Bisogna che ci sacrifichiamo al Moloch dell’informatica sociale.
Bene, visto che ci trattano come l’armata perduta, allora io sarò un soldato perduto in nome di questa legge. Già mi vedo come il prossimo locale canavesano Hiroo Onoda (小野田 寛, Kainan, 19 marzo 1922 – Tokyo, 16 gennaio 2014) il soldato giapponese noto perché dopo quasi trent’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, nel 1974, nella giungla sull’isola filippina di Lubang, venne arrestato perché si rifiutava di credere che la guerra fosse finita.
Io ho ancora otto anni prima di essere arrestato per non aver creduto all’avvento dello SPID.