Don Gianni Giachino, parroco di Albiano, già direttore del centro missionario, è rientrato da un recente viaggio nelle nostre missioni in Brasile.
Il Centro Missionario Diocesano lo ha intervistato.
Per quale motivo hai voluto fare questo viaggio missionario in Brasile?
So, per esperienza, che la missione, oltre che di un sostegno economico, ha bisogno di una presenza, che periodicamente consolidi i legami di collaborazione e di fraternità fra Chiese sorelle. Ecco perché, dopo tre anni di lontananza forzata, dovuta al covid, dal 31 agosto al 16 settembre, sono ritornato per la trentaduesima volta nelle “nostre” missioni in Brasile. Ero accompagnato da Patricia, la segretaria del Centro Missionario e da Eliene, che ora vive in Italia, dopo aver sposato un nostro volontario a Barreiras
In quali comunità sei stato ospitato?
Si è trattato di un viaggio piuttosto faticoso. Ho dovuto concentrare in pochi giorni spostamenti notevoli, su strade non sempre in buone condizioni. In quattro trasferimenti notturni su pullman ho accumulato 50 ore di viaggio, “bombardato” da emissioni di aria condizionata. Ogni cosa, però, ha il suo prezzo e qualche volta vale la pena pagarlo. Ho avuto la gioia di incontrare tutte le comunità che oggi e in passato hanno conosciuto e apprezzato l’attività pastorale dei nostri missionari: Barreiras, Santa Rita de Cassia, Mansidão, Formosa do Rio Preto… Ho capito, ancora una volta, che il senso dell’ospitalità non è venuto meno: oltre 50 anni di missione in terra brasiliana hanno lasciato un segno duraturo.
Come stanno i nostri missionari eporediesi?
Affaticati, provati anche dal Covid, ma sempre in prima linea, con tanta buona volontà e impegno: Padre Cristoforo a Salvador, Padre Nanni a Lidice nella Diocesi di Volta Redonda e il Diacono Danilo a Barreiras. Ho incontrato anche due laici: Laura ad Angical e Andrea a Brasilia.
È vero che ci sono molte vocazioni diaconali?
È vero. E i diaconi sono molto valorizzati. Non vengono considerati solo come delle “riserve” da far entrare in campo là dove manca il sacerdote. Presiedono celebrazioni domenicali nelle comunità più lontane, amministrano i sacramenti del battesimo e del matrimonio… Il “nostro” diacono Danilo, a Barreiras dal 1996, è un esempio in questo senso e il Vescovo ha molta fiducia in lui, che continua a seguire alcuni progetti sostenuti dalla Diocesi di Ivrea.
La Diocesi di Barreiras ha un nuovo Vescovo. Lo hai incontrato?
Per tre volte. Dom Moacir ha saputo conquistare la benevolenza di tutti. Nei nostri incontri ha ripetutamente ringraziato la Diocesi di Ivrea per la collaborazione e ha espresso il desiderio che questa collaborazione continui.
Facendo riferimento ai tuoi diversi viaggi in Brasile, che cosa è rimasto e che cosa è cambiato nella società? Sono stato in Brasile la prima volta nel gennaio del 1989, per preparare il campo di lavoro che abbiamo poi realizzato nell’estate successiva, con 33 giovani della nostra Diocesi. Santa Rita de Cassia e Formosa do Rio Preto sono diventate due cittadine, con più abitanti di Ivrea, con tanti esercizi commerciali e tanti servizi che 30 anni fa non esistevano. Ho incontrato e condiviso dei momenti piacevoli con coloro che allora erano giovani e oggi sono cinquantenni. Il “calore” dell’incontro è rimasto immutato. Ho poi voluto ritornare a Canabrava, un villaggio sperduto del “sertão”, nel quale con il nostro gruppo avevamo realizzato il campo di lavoro e là, invece, non è cambiato molto. La chiesetta è rimasta la stessa; le case continuano a essere molto povere; le strade sono rimaste le stesse; solo quella centrale ha un aspetto meno trascurato e anche la scuola, che allora serviva da stalla per le capre, oggi, almeno all’esterno, ha un aspetto accogliente. A Canabrava ho incontrato un uomo che ricordava il gruppo degli italiani. Sono stato anche a Posto Mimoso che oggi si chiama Luis Eduardo; una città di 75mila abitanti, con quattro parrocchie, grattacieli, strade ampie, belle chiese, grazie alla canna da zucchero e alla soia.
E la Chiesa?
La cosa che balza subito agli occhi, e che ti costringe inevitabilmente a fare paragoni, è la frequenza alle Messe: è sempre molto alta, soprattutto colpisce la presenza di tanti bambini e giovani. Una domenica sera ho celebrato con il Vescovo una Messa nella comunità di S. Rafaela a Barreiras durata dalle 18 alle 21,30. C’erano più di 700 persone, e nessuno si è annoiato. Parlando con alcuni Parroci mi sono reso conto che anche l’amministrazione delle parrocchie è ben organizzata, soprattutto grazie a laici preparati.
Quale spazio rimane aperto per l’impegno missionario della Diocesi di Ivrea in terra brasiliana?
Credo che di possibilità ce ne siano sempre. Non tanto a livello di personale da inviare: stiamo peggio noi; siamo noi che abbiamo bisogno di missionari. Il nostro sostegno economico, con le varie Giornate, le offerte di singoli e le iniziative di gruppi, sono sempre preziose. Le nostre missioni aiutano i poveri: e ce ne sono tanti! Potrebbero esserci scambi di esperienze. Il mondo è cambiato. Il Brasile dal punto di vista tecnologico è più avanti di noi e la tecnologia potrebbe favorire i contatti: creare, con linguaggi adeguati, nuovi modelli di comunicazione e di collaborazione. Penso soprattutto ai giovani. Tutti i nostri giovani che, nel passato, hanno fatto viaggi di conoscenza, esperienze di volontariato in terra di missione, hanno avuto la loro vita segnata nel profondo, si sono trovati avvantaggiati nel loro cammino verso la vita adulta.