Tenuta Roletto
Risvegliopopolare.it

domenica 27 Aprile 2025

Reale mutua
Reale mutua
Risvegliopopolare.it

domenica 27 Aprile 2025

Oggi il pellegrinaggio di 300 ragazzi e ragazze a Roma per il Giubileo dei giovani

IVREA - Cattedrale gremita per la S.Messa di suffragio in memoria di Papa Francesco - Il Vescovo Daniele nell'omelia ha richiamato i documenti del Magistero pontificio ed anche vivide testimonianze di vita vissuta che hanno reso indimenticabile l'insegnamento del Pontefice

L'abbraccio ad Emanuele, che gli chiese se il papà, da poco scomparso, fosse in Paradiso, anche se non credente

Cattedrale di Santa Maria Assunta in Ivrea gremita di fedeli, ieri sera 24 aprile, per la Santa...

Dal 15 al 23 marzo, la testimonianza di una comunità viva e vitale

ROSONE - Giorni intensi di festa in onore di San Giuseppe - Apice dei festeggiamenti, il 19 marzo, la celebrazione della Santa Messa solenne presieduta dal  Vescovo Mons. Daniele Salera, alla sua prima visita in Valle Orco - GALLERY DI 100 IMMAGINI

Il vescovo Daniele, dopo la fiaccolata, ha ancora voluto intorno a sé i tutti papà presenti nella chiesa per una preghiera comune e invitarli a seguire l’esempio di San Giuseppe.

La piccola frazione di Rosone nel Comune di Locana si è vestita a festa dal 15 al 23 marzo per...

Ancora un'esemplare esperienza educativa e pastorale per i giovani delle parrocchie di Rivarolo -

RIVAROLO CANAVESE - Quella Croce così attuale nella vita di tanti come noi - Due esempi luminosi, Sammy Basso e Nadia Toffa, che hanno portato la Croce con umiltà, semplicità e grinta, senza arrendersi di fronte al “buio” della vita.

Ai piedi della Croce sta Maria, in attesa di quella luce che dona salvezza, pace e armonia a tutti noi nel giorno della Santa Pasqua.

(simone mezzano) – Un Venerdì Santo intenso quello vissuto ieri, 18 aprile, dagli animatori...

Celebrazione preparata con ogni cura: non è mancata anche la presenza di un'asinella

CUCEGLIO - Il Card. Arrigo Miglio presiede la Liturgia nella Domenica delle palme - Molto seguito il suo messaggio conclusivo, che riproponiamo integrale in VIDEO - 

Oltre la pur importante e bella "cornice", contempliamo il "quadro" che essa contiene

(f.c.) – Il cardinale Arrigo Miglio ha presieduto la Liturgia della Domenica delle Palme a Cuceglio, celebrata sabato pomeriggio alle 18 con ritrovo in Piazza Porta Pia. Presente anche l’asinella Agata che ha...

In apertura un video sulla vita del Beato Carlo Acutis

CHIVASSO, TORRAZZA, BORGOREGIO E TORASSI - Tanti giovani per animare la Via Crucis - Mentre fervono i preparativi per il Pellegrinaggio giubilare del 25 aprile - Molto partecipata l'azione liturgica nelle Parrocchie guidate da Don Gianpiero Valerio -

I ragazzi del Giubileo hanno proseguito l'incontro con canti giochi  fino alle Lodi mattutine del Sabato 12 aprile, insieme alla preziosa presenza della catechiste -

I giovani della parrocchie guidate da don Giampiero Valerio: pellegrini di Speranza. E’ così che,...

Caricamento
<

Gli anniversari di Ordinazione Presbiterale

IVREA - Santa Messa del Crisma - Il Vescovo Mons. Daniele Salera rinnova l'invito a vivere in pienezza il dono del sacerdozio, nella celebrazione “della cura che Dio ha per noi” 

Affidandosi a Maria e affidando la Diocesi a Lei, Vergine Assunta in Cielo, Mons. Salera ha pregato e ha chiesto di pregare per il dono di vocazioni al sacerdozio

(Testo di Elisa Moro – Immagini di Giancarlo Guidetti) – Un invito a vivere in pienezza il...

PAROLA DI DIO – “Mio Signore e mio Dio!”

At 5, 12-16
Dagli Atti degli Apostoli.
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro.
Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.
Sal 117
RIT: Rendete grazie al Signore perché è buono:
il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
  RIT: Rendete grazie al Signore perché è buono:
il suo amore è per sempre.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
  RIT: Rendete grazie al Signore perché è buono:
il suo amore è per sempre.
Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina.
  RIT: Rendete grazie al Signore perché è buono:
il suo amore è per sempre.
Ap 1, 9-11.12-13.17.19
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo.
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese».
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».
Gv 20, 19-31
Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Una “comunità” (prima lettura).
Pochi, molti, folla, moltitudine…
Uomini, donne, credenti, ammalati, tormentati… per un poco d’ombra.
Da pochi a molti…
Nel nome del Signore.
Parto da un versetto precedente (v.11) che la liturgia di oggi non prevede, eppure, a mio parere importante: si parla di Chiesa.
Credo che, l’evangelista Luca, non abbia posto inutilmente questo versetto, dopo il racconto delle “prodezze” dei due (Anania e Saffira)… “un grande timore si è diffuso in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose”.
La Chiesa, fatta di persone, che “prende coscienza” del peccato, ma anche del perdono, della Grazia.
La Chiesa che “ha bisogno” della Luce per uscire dalle tenebre.
La Chiesa che ha bisogno della Parola per annunciare la Verità.
E mi piace questa “comunità” nel Tempio.
Insieme.
Non è scontato.
Mi soffermo sulle parole, perché delle parole scorgo un senso.
La comunità che “sta insieme” è lì, unanime… e tutti stanno a guardare.
Guardano… e poi, dopo che hanno visto… si avvicinano…
Folle, moltitudini…
Credo occorra ripensare a questi versetti.
Non credo siano solo i “prodigi” ed i “fatti” ad attirare.
Non sono le “mani” degli apostoli che “operano”, ma – e san Luca lo sottolinea bene, occorre solo fermarsi a leggere – “attraverso” le mani, “per opera”.
Basta un’ombra.
Quella di Pietro…
La Chiesa all’ombra di Pietro.
La mano di Dio “attraverso”…
Ma solo “segni”.
Semplici segni (non cerchiamo altro significato), ma con una precisa “indicazione”: nella comunità, nella Chiesa c’è Cristo.
La “novità”, non sono i “segni”, la novità è la comunità di Cristo, la vita nella fraternità, la vita nell’amore vicendevole…
“ Il popolo li esaltava”.
No, non esaltava loro, ma la loro testimonianza unanime e concorde, il loro reciproco fraterno amore.
In quel portico avevano impedito a Pietro ed a Giovanni di parlare… ma non importa, “parlavano” con la vita, con la testimonianza, con quei segni che raccontavano quell’amore conosciuto.
E la Chiesa cresceva… non più fatta di “folla” (ricordiamo nella Bibbia l’uso diverso delle parole popolo e folla), ma di “restanti”, di coloro che visto e sperimentato, volevano “rimanere”, volevano stare, volevano “essere”.
Si aggregano, non per gli apostoli, per Cristo.
Vorrei ampliare la riflessione, mi piacerebbe davvero dilungarmi sulla Chiesa-comunità, non è questa la sede, ma questo brano non può non richiamarmi alla mente l’importanza dell’unità nella comunità, della comunione in quel corpo che vede tutti tralci uniti alla vite, di quel corpo che ha bisogno di tutte le membra per star bene insieme, per essere vivo e vita con il suo Capo, Cristo.
Fraternamente figli.
All’ombra di Pietro.
Un piccolo riferimento “artistico” può aiutarci, forse: quella meraviglia esposta nella cappella Contarelli nella Chiesa di S. Luigi dei francesi a Roma: La vocazione di Matteo di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Quella luce in alto, quel dito inclinato, e accanto san Pietro.
L’annuncio di Dio attraverso la Chiesa, nella Chiesa, con la Chiesa: una, santa, cattolica, apostolica…mediatrice e pellegrina, peccatrice e donatrice…
Chiesa di figli e fratelli che crea comunione.
La Chiesa di Pietro: chiamato, perdonato, salvato.
Pietro “passa con la sua ombra”, ma va avanti, guarda “in alto”, verso Cristo e porta Cristo.
E quella folla diventa “popolo” di “credenti nel Signore” ( versetto 14).
Due “narrazioni” ci propone san Giovanni evangelista (Vangelo) e quella affermazione: “Mio Signore e mio Dio”.
Grazie Tommaso e Grazie Giovanni.
Uno perché l’ha “riportato”, l’altro perché l’ha “creduto e pronunciato”.
L’iniziativa di Gesù giunge inaspettata: “Pace a voi”.
Dov’erano finiti? Poche le notizie dopo quella “dispersione” nel Getsemani, eppure Gesù li “trova”.
“La sera di quel giorno” e “otto giorni dopo”
Il tempo.
“Con le porte chiuse” e “Di nuovo in casa”.
Il luogo.
“Pace a voi”.
Il soffio dello Spirito su di loro.
Il “soffio” su quegli uomini “nuovi”, come su quell’Adamo originario.
L’annuncio.
Ancora pace, ancora una “visita”, ancora un incontro.
Non è importante dove sono andati, è importante che ora sono qui.
Sono qui, ma “chiusi”, ancora “timorosi”.
Avevano lasciato reti, banco delle imposte, fico, casa, famiglie, per seguirlo… sono stati “dispersi”, ma ora sono qui.
E Gesù li “ritrova”.
Viene Gesù, con le porte chiuse, torna Gesù nella casa…
Sono lì e ricevono la “Sua Pace”.
Ancora una iniziativa di Gesù, Giovanni lo sottolinea:
”mentre stavano chiusi per timore”, Lui porta la pace e subito trovarono la gioia.
La pace che vince la paura ed il timore, la pace che aveva promesso prima della Risurrezione: “Vi lascio la pace… la mia pace…”.
La Pace di Dio.
La Pace della Vita.
Pace donata perché sia trasmessa.
San Giovanni non può aver narrato avvenimenti senza un senso profondo: se ci parla di un’ “assenza illustre”, ci sarà un motivo.
Tommaso era uno dei dodici, era un testimone “attendibile” degli eventi del Nazareno, era stato presente agli avvenimenti, aveva condiviso la vita, le attese, la cena… eppure ci viene presentato ancora “bisognoso” di  “conferme” umane: non gli basta il racconto degli amici.
Giovanni evangelista ci parla di Tommaso in diverse occasioni ( forse più di quelle in cui compare nei racconti dei Vangeli sinottici) e tutte le volte ci appare un po’ in difficoltà a comprendere, tanto che, negli episodi narrati, Gesù è costretto ad esplicitare, ad esempio “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,1-6). 
Tommaso, uomo appassionato di Cristo, ma anche “concreto”, con una “volontà di praticità umana”.
Tommaso “crede”, ma vuole “vedere” e “toccare”.
Forse Giovanni evangelista stava pensando a noi…  a noi che leggiamo, a noi che “non abbiamo visto”…
La “dimensione” del “visibile e dello sperimentabile”.
Basta “vedere” e “toccare”?
Anche qui voglio scomodare Caravaggio (Incredulità di San Tommaso), dipinto eccezionale per tecnica, colori, luce e immagini… ma questa volta preferisco il Vangelo di Giovanni.
No Caravaggio, il dito non entrerà nella piaga, gli occhi non seguiranno in un esame minuzioso quella ferita,  non avvicinerà il viso con la fronte aggrottata, non si piegherà sulle mani…
Tommaso non avrà quel gesto timoroso e dubbioso che appare nel dipinto di Michelangelo Merisi.
Tommaso proclamerà: “Mio Signore e Mio Dio”.
San Giovanni ci racconta di una risposta senza esitazioni: “Rispose Tommaso mio Signore  mio Dio”.
Non un cenno, una esitazione, un passo avanti o indietro, solo quella risposta immediata.
Tommaso è  “nostro gemello” nella fede.
Una fede che ha bisogno di essere testimoniata, una fede che trova la “radice” in Cristo.
Non occorre “sperimentare” le ferite, occorre “sperimentare Cristo”.
“Credere”.
“Mio Signore e mio Dio”,  come in quel Prologo ora al capitolo conclusivo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (Gv 1, 1).
Inizio e Termine.
Cristo Figlio di Dio, Signore.
“Mio Signore e Mio Dio”.
Una professione di fede chiara e precisa.
“Adonai ed Elohim” come abbiamo imparato nella lettura dei Salmi (Salmo 24,23).
Non è servito vedere o toccare… è bastato Cristo.
In Cristo tutto diventa “chiaro”, tutto in Lui si “ricapitola”.
“Mio Signore e Mio Dio”.
L’audacia del credente.
“Mio”.
“Io credo”.
Il “mio” , “Colui nel quale” ho posto la mia fede, la mia fiducia.
Nella fede tutto trae senso, la Parola, la testimonianza.
In quell’azione in quella casa, otto giorni dopo, Tommaso sperimenta Cristo nella comunità riunita nel giorno della Risurrezione.
Fede Pasquale.
Quella comunità riunita nel suo nome, trova la sua Pace, la sua Presenza, la sua Parola.
E san Giovanni, ci consegna ancora una “beatitudine”, non le aveva raccontate prima, come hanno fatto san Matteo e san Luca, eppure qui ci parla della “beatitudine della fede”.
“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
Felici coloro che credono, coloro che ripongono la loro fiducia in Dio.
Ora non è più una “promessa antica”, ora quella promessa è carne e vita, è sangue e salvezza.
“Beati”, perché Gesù Cristo è il Figlio di Dio e in Lui è la fonte della Vita.
Beati coloro che riceveranno e coltiveranno la fede come dono.
Riconoscere il Gesù Risorto, riconoscere il Dio della Vita, riconoscere il Padre misericordioso .
La “beatitudine” della “lettura dei segni” (non possiamo dimenticare il brano che Giovanni ci presenta nel racconto del primo giorno dopo il sabato  – liturgia della Domenica di Pasqua), la beatitudine a diventare “vivi credenti”, credenti “dinamici”, credenti “in ascolto” nella comunità e nella Chiesa.
“Non temere, io sono il primo e l’ultimo e il vivente; ero morto ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi” (Seconda lettura).
Sono le parole di Gesù, le stesse usate per descrivere le apparizioni del Risorto.
“Io sono … Il Vivente”.
Dio ha un nome.
“Non temere!”
Ancora una volta, uno dei 365 (non li ho personalmente contati, ma l’hanno fatto in modo autorevole biblisti e teologi) “non temere” della Bibbia.
Il Vivente, Colui che ha dato vita alla morte e senso alla vita.
Giovanni  ha un compito fondamentale: scrivere e  situare il rapporto con il Cristo, il quale partecipa ormai della vita divina essendo Dio.
Giovanni ha il compito di scrivere l’ esistenza del  Cristo Risorto, Dio che  non dimentica i suoi, ma si occupa di loro, e li rende partecipi della sua nuova vita.
Credere in Cristo Risorto, allora è essere “suoi”, con un’esperienza personale e profonda con Dio.
Abbandoniamoci a questa fede.
Ricordiamo che la vita quotidiana dei cristiani è il luogo concreto in cui la fede si esprime, l’ amore vive, la Parola diventa vita.
Dobbiamo  incarnare l’ amore del Risorto nell’infinita varietà delle situazioni quotidiane, senza rinchiuderlo in confini stretti, ma creando vita nelle comunità in unione e fraternità.
 

Tra silenzio e commozione le comunità Parrocchiali Alta valle Orco unite durante le esequie di Papa Francesco

Nella tranquillità del salone Don Salvetti a Rosone, i fedeli hanno potuto assistere, sul maxischermo, alla Messa funebre in memoria di Papa Francesco: la celebrazione è stata seguita con silenzio e commozione.
Non c’è stato un angolo del mondo che non sia stato connesso a Roma, il centro pulsante della fede cattolica, per rendere omaggio a un Santo Padre che ha toccato i cuori di milioni di persone.
Papa Francesco è stato un esempio di vita e umanità, un Papa che non ha mai smesso di sorridere e di incoraggiare tutti a trovare la felicità anche nei momenti più difficili.
Le sue parole, sempre cariche di significato, risuonavano tra i presenti, ma ancor di più nell’animo di chi lo ha seguito con affetto e devozione.
La vita di papa Francesco è stata come un Vangelo aperto.
La S.Messa esequiale ha visto, tra i tanti che affollano Roma in occasione del Giubileo degli Adolescenti, una delegazione di trecento giovani della diocesi di Ivrea guidati da Mons. Daniele Salera.
Tra loro, alcune ragazze delle comunità parrocchiali, pronte a portare avanti quel messaggio di speranza e amore che Papa Francesco ha così instancabilmente diffuso.
È bello vedere i giovani connettersi e unirsi in un momento così significativo, testimoni di una fede viva e pulsante.
Oltre alla commozione, nel salone don Salvetti ci sono stati gesti di grande dolcezza: alcuni bambini delle Comunità Parrocchiali hanno preparato dei biglietti con frasi celebri del Papa, una su tutte: “Abbiate il coraggio di essere felici“.
Una frase che rappresenta perfettamente l’insegnamento del Santo Padre e che continuerà a risuonare nei cuori di tutti noi, ispirandoci a perseguire la felicità nella nostra vita quotidiana.
Come indicato dal vescovo Daniele, 88 rintocchi di campane hanno risuonato nelle parrocchie delle Comunità Parrocchiali Alta Valle Orco durante la traslazione del feretro verso Santa Maria Maggiore.
In questo momento di tristezza, ricordiamo con gratitudine ciò che Papa Francesco ha fatto per il mondo e per ciascuno di noi.
Grazie Papa Francesco.
***
Per restare sempre aggiornati sulla comunicazione pastorale proposta da www.risvegliopopolare.it, è possibile iscriversi al nostro
Canale di Whatsapp – cliccando qui –
Ciascuno di Voi (ogni persona, Parrocchia, gruppo, Ente, Istituto) può inviare corrispondenze, appunti, fotografie, brevi filmati, anche utilizzando la casella mail dedicata all’edizione web
risveglioweb@risvegliopopolare.it
 che sarà come sempre scaricata ogni giorno.
Tutti i Vostri contributi saranno subito esaminati.
 Chi preferisce potrà utilizzare whatsapp al numero
 335 8457447 
Grazie
 ***

 

Il mondo a pezzi (di Filippo Ciantia)

“L’annuncio a Maria” è il capolavoro poetico  di Paul Claudel. Ebbe, in verità, poco successo finché don Giussani trovò in questa opera una corrispondenza – di sentimenti e giudizi – profonda ed unica, da portare il Servo di Dio a farne uno dei testi di riferimento per le prime comunità di Giesse.
La vicenda narrata nel libro si svolge tra il XIV e XV secolo, durante la Guerra del Cent’anni e lo scisma di occidente: la Francia è in guerra con l’Inghilterra, sono i tempi di Giovanna d’Arco e ci sono due re in Francia e addirittura tre Papi! Confusione e disorientamento ad ogni livello: un cambiamento d’epoca che culminerà, dopo pochi decenni, nei rivolgimenti legati alla scoperta dell’America e poi alla Riforma.
Una trama affascinante – leggete il libro, ne vale la pena! – che si conclude con l’immagine della nuova cattedrale costruita sulla tomba della piccola martire Santa Giustizia, solido fondamento dell’edificio sacro. Ma al vertice, nel cielo ci sarà la statua di Violaine, la lebbrosa, consumata dall’amore e alla vista di tutti, con gli occhi bendati perché possa ascoltare il grido dei poveri e le preghiere dei giusti.
La Pasqua del 2025 è segnata dalla coincidenza della festività per Cattolici e Ortodossi, a un mese dall’anniversario del Concilio di Nicea che 1700 anni fa chiariva la natura di Cristo e permetteva l’unità dei cristiani. Eppure serpeggia la divisione. Basti pensare alle chiese ortodosse di Russia e Ucraina, divise da guerra e risentimento. Non che le Chiese cattoliche e anglicane si trovino meglio su temi come la benedizione delle coppie gay o l’accoglienza – o meno – dei migranti.
Papa Francesco nelle sue meditazioni scritte per la Via Crucis al Colosseo pochi giorni fa, aveva parlato di un “mondo a pezzi”; dopo avere a lungo denunciato la “guerra mondiale a pezzi” e implorato, inascoltato, di far cessare le guerre.
Come nel Medioevo del dramma di Claudel, anche oggi, la Chiesa si regge per la testimonianza fino al sangue dei cristiani. Succede in tutto il mondo: si stima che oggi almeno 365 milioni di cristiani siano perseguitati per la loro fede.
I martiri fondamenta e sommità di una Chiesa che come Gesù in croce abbraccia tutto il mondo.
“Ho definito quella dei martiri la testimonianza più convincente della speranza” (Francesco)

“Metti qui il tuo dito…” – Commento al Vangelo di domenica 20 aprile (di don Renzo Gamerro)

Mentre scrivo e cerco di meditare il Vangelo di Giovanni (Gv. 31,1-19), ho nella mente, nel cuore e in tutto il corpo il momento delle 7,35: Papa Francesco muore e “fa Pasqua”, passa dal nostro abbraccio in terra, all’abbraccio del Padre Nostro che sta nei cieli. Io cerco, come ha fatto Lui ogni domenica, di meditare il Vangelo.
Quella mattina del primo giorno della settimana, all’alba, nel cenacolo, i discepoli impauriti e sconsolati e taciturni, irruppe dalla porta spalancata Maria di Magdala che era già corsa al sepolcro e, trovatolo aperto con la pietra ribaltata, gridò: “Hanno portato via il Signore”. Sgomento e ancor più paura.
Tommaso non riesce a restare lì impietrito e disperato. Scappa. Vaga attorno all’edificio e mastica un ramoscello d’ulivo. Non ha chiuso occhio quella notte, si è voltato e rivoltato sulla paglia. Una corsa di pensieri brutti lo assedia. “Quel suo amico Rabbi e il progetto del Regno di Dio sulla terra, è stato sconfitto e distrutto? Anche il suo corpo, coperto di piaghe, portato via dal sepolcro? Non è possibile!”.
Tommaso vaga, distrutto e spaventato, per le viuzze di Gerusalemme. E intanto il cielo rischiara. E così, per tutto il giorno, senza meta e senza voglia di vivere. E ancora un altro pensiero entra nella sua testa: “chi l’ha portato via?”. Lo vuole cercare. Rinasce in lui un desiderio: il cenacolo e i discepoli.
In tutto quel tempo senza tempo, Gesù Risorto di lontano, guarda Tommaso e lo vede sconsolato, triste, senza dimora e senza avvenire. Gesù Risorto lo pensa e lo segue di lontano. Lo aspetta! Quell’invisibile presenza del Risorto fa breccia nella mente e nel cuore di Tommaso, che continua a pensare e a desiderare. Dopo una notte di incubo, una nuova mattina. Tommaso riconosce di non aver creduto, di essere fuggito dal cenacolo e dai suoi. E si incammina lentamente ritornando da loro.
Otto giorni dopo venne di nuovo a porte chiuse tra i suoi il Risorto e con loro c’era anche Tommaso. Disse: “Pace a voi”. Poi a Tommaso: “Tommaso, metti qui il dito … e la mano nel mio fianco”. Tommaso non allungò la mano. Chiamato per nome sentì un tonfo al cuore, si prostrò a terra e disse: “Mio Signore, e mio Dio”. È commosso e abbagliato a sentirsi chiamare per nome e vederlo. Come lo stesse aspettando. Gesù Risorto si era di nuovo incamminato verso i suoi, aveva riversato su loro pace, e su Tommaso la sua attenzione e benevolenza.
Il Risorto oggi, è in cammino con noi come quel giorno. “Il Signore ci permea, anticipandoci sempre, e ci conforta. Lui ci aspetta sovente per accoglierci, per dirci e darci il suo amore” (Papa Francesco).
Gv 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco;
e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il lungo tempo per elaborare il lutto (di Cristina Terribili)

La morte di Papa Francesco ha lasciato sgomente tante persone che hanno sentito il bisogno di testimoniare il vuoto affettivo profondo ed il loro cordoglio, che hanno sentito il bisogno di stringersi e di parlare del sentimento comune che li ha legati ad una persona con una carica straordinaria. Ma il sentimento del lutto che si prova solitamene per la perdita di una persona cara, per un familiare, può essere lo stesso che si prova per la perdita di un personaggio pubblico?
La letteratura sul lutto e sulla sua elaborazione ci rimanda ad un percorso per fasi che si alternano o si susseguono, si sovrappongono o si ripresentano con tempi e modalità differenti da una persona ad un’altra. Queste fasi sono quella della negazione o del rifiuto, quella della rabbia, quella della contrattazione o del patteggiamento, quella della depressione e quella dell’accettazione. Per i clinici, il percorso dell’elaborazione del lutto, si dipana per un periodo che va dai 6 mesi all’anno, salvo casi più particolari. Un lutto viene elaborato quando una persona intravede nuovi progetti di vita, mantenendo fermo il valore e l’eredità ricevuta dalla persona che è venuta a mancare.
Papa Francesco ha rappresentato per ogni persona un valore che ha legato alla propria esistenza; è stato una guida spirituale che ha raccolto intorno a sé persone al di là del loro credo religioso. Ognuno lo ricorda per un elemento specifico che si è connesso con la propria esistenza e la propria esperienza: chi ne racconta la vicinanza umana, chi ne ricorda le capacità di comunicare in modo semplice ed immediato, seppur mai banale, chi ne riconosce il ruolo di “rivoluzionario”, di leader capace di prendere posizioni scomode, differenti dalla massa, chi si è sentito sostenuto e supportato perché Papa Francesco ha messo il suo sguardo verso gli ultimi, verso i più poveri, verso i migranti e ha dato a tutti un valore. C’è chi si è identificato con il suo dolore, con la sua sofferenza e la sua malattia, vissuta con coraggio e determinazione, soprattutto in questi ultimi tempi, da cui non si è lasciato indurire e da cui, con coraggio, non si è sottratto.
Papa Francesco ha creato dei legami emotivi che sono quelli che ora devono essere elaborati, che possono essere riconosciuti come lascito che attiene al mondo dei valori che ogni persona ha riscoperto grazie all’esempio che l’uomo/papa Francesco ha mostrato al mondo. L’esperienza della perdita di una persona cara e quella nei confronti della morte di un personaggio pubblico non hanno differenza e meritano, in entrambi i casi, rispetto e tempo per potersi esprimere e superare. Però proprio grazie ai valori che Papa Francesco ci ha permesso di riscoprire, ogni persona può riflettere e concentrarsi per avere una prospettiva di speranza nella propria vita, per poter superare quel naturale sentimento di vuoto e di smarrimento che si sperimenta e che si vive collettivamente nell’esperienza del commiato.
(Foto di Lorenzo Iorfino)

Caricamento