Meloni ha “parcheggiato” la riforma centrale del programma di governo: il premierato elettivo. Il Parlamento ne discuterà l’anno prossimo (per il varo sono necessarie quattro letture tra Camera e Senato). La motivazione ufficiale è la priorità da assegnare al bilancio statale 2025; ma dai media emergono tre ragioni politiche:
a) L’attesa del voto referendario sulla legge Calderoli (autonomia regionale differenziata), previsto per l’estate: il crescente dissenso delle Regioni del Centro-Sud rende possibile una sconfitta della linea della Lega, con inevitabili ripercussioni sull’intero pacchetto di riforme istituzionali, dal premierato elettivo alla divisione della Magistratura tra pm e giudici;
b) Le norme sul premierato elettivo vanno accompagnate da una nuova legge elettorale: qui c’è aperto dissenso tra la spinta maggioritaria di Fratelli d’Italia e la difesa del meccanismo proporzionale da parte di Lega e Forza Italia che temono l’egemonia della Meloni;
c) I dubbi sorti nella stessa maggioranza sul modello presidenziale dopo la crisi in Francia dell’esperienza di Macron: il Paese transalpino è sull’orlo di una paralisi istituzionale, nonostante i poteri concessi all’Eliseo, con “un uomo solo al comando”.
Resta infine una domanda di fondo: perché sostituire il “modello Mattarella” gradito alla larga maggioranza degli italiani, con una formula ambigua, dai contorni incerti, oscillante tra Parigi, gli Usa e alcune repubbliche sudamericane?
La maggioranza, sempre divisa al suo interno, si è palesemente differenziata al Parlamento di Strasburgo nel voto sul conflitto tra Mosca e Kiev: la Meloni e Tajani hanno votato per nuovi aiuti all’Ucraina, escludendo il sì all’uso di armi in territorio russo; Salvini ha votato contro ogni sostegno militare.
Paradossalmente anche l’opposizione si è divisa: la Schlein ha votato come la premier, Conte, Bonelli e Fratojanni come Salvini; si sono create alleanze trasversali su un tema delicatissimo di politica estera, a conferma della fragilità delle due coalizioni, unite per vincere le elezioni ma divergenti su temi centrali per il futuro della Stato. La collocazione dell’Italia nella UE appare più debole, nonostante la nomina a vice della Von der Leyen col ministro Fitto.
In Italia, invece, lo scontro destra-sinistra si è riaperto su tutto, compresa la nuova alluvione che ha colpito la Romagna e le Marche: il Ministro Musumeci ha aperto le ostilità denunciando colpe della Giunta regionale Bonaccini; l’ex Governatore ha replicato rilevando i ritardi nei finanziamenti statali e l’assenza del commissario Figliuolo. Sarebbe stata preferibile una concordia istituzionale per soccorrere subito tutte le popolazioni colpite, senza strumentalizzazioni sul prossimo voto regionale in Emilia Romagna.
Una forte critica alle forze politiche è infine giunta dall’ex presidente di Fiat e Confindustria, Montezemolo: “L’Italia non ha più una produzione di automobili; Fiat non c’è più, Maserati non c’è quasi più e così Lancia, Magneti Marelli e Comau. Tutti marchi ex italiani venduti ad azionisti esteri”. Montezemolo aggiunge: “I nostri stabilimenti sono vuoti e gli operai vengono umiliati dalla cassa integrazione. Ci sarebbe da indignarsi, ma sento solo un silenzio assordante”. Critiche anche agli industriali “timidi di fronte a quella che per i sindacati è una fuga strategica dall’Italia impostata dall’ AD di Stellantis, Tavares”.
Effettivamente il tavolo romano dal ministro Urso per ora non è giunto a conclusioni; il titolare degli Esteri Tajani, invece, è intervenuto subito contro il governo di Berlino in difesa della scalata azionaria di Unicredit alla tedesca Commersbank (“Non è un atto ostile – ha replicato Tajani al Cancelliere Scholtz – ed è anzi previsto dalle leggi sulla concorrenza in Europa”).
Emerge in ogni caso un’economia a doppia velocità: quasi ferma sul piano industriale, rampante sul versante finanziario, con un cambio di scenario dalle molte incognite, soprattutto per l’occupazione. Sarebbe opportuno che le forze politiche si pronunciassero chiaramente, nell’interesse del Paese, coinvolgendo i grandi media, spostando il focus dalle prossime regionali o dall’interminabile saga hollywoodiana Boccia-Sangiuliano.