Dal libro del profeta Isaìa
Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.
Dalla lettera di san Paolo Apostolo a Tito
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
***
COMMENTO A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Usciti da quell’ orizzonte desolato, dal deserto fisico ed esistenziale, dall’ oscurità del cielo, da quelle “domande contro Dio” e contro l’uomo che conquista e crea oscurità ed angoscia… tornerà la luce.
E proprio il cap.9 dalla prima lettura della liturgia odierna, si apre con un oracolo gioioso, che definisce il mondo nuovo, un mondo che si apre con un bambino, segno piccolo, eppure grande: “un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”.
Un bambino che sarà “re”, che sarà “grande”.
“Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine”.
Protagonista è la speranza che apre orizzonti vasti, ci aiuta a procedere nel cammino della vita, soprattutto nei momenti più difficili. Il desiderio come motore della speranza; “de-sideribus”, che “vuole vedere” quelle stelle, quel cielo, qualcosa che “scende” dal cielo, dall’infinito, da dove noi veniamo e verso cui tendiamo.
La speranza nel Messia.
Dalla “terra tenebrosa” alla “luce rifulse”.
Dal “passato” al “presente”.
Gioia e letizia che nascono dalla speranza, dalle “tenebre” e dall’abisso nel quale si precipita quando “ci si allontana” e proprio quelle tenebre vedono l’alba.
Come quelle tenebre che “ricoprivano l’abisso” (Genesi 1) si sono illuminate da quel “Sia la luce”.
Una “luce” che nasce dalla “Parola”.
Un preannuncio di una “creazione nuova”, nuova “vita”, un “bambino alla vita”, una “Presenza” nel mondo nuovo.
“Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian.”
Dio, la speranza del popolo, la speranza che non può venire che da Dio.
Speranza che è il dono della libertà. Dalla deportazione degli Israeliti del nord dove, agli uomini veniva messo un giogo perché non scappassero ed erano spronati a camminare a bastonate.
Ma Dio annienterà l’avversario, toglierà quella “sbarra dalle spalle”, tanto che Isaia lo paragona alla notte di Madian (Gdc.7-8) dove Gedeone, con pochi soldati, riesce, nella notte e solamente con l’aiuto della luce delle torce, a mettere in fuga un intero accampamento nemico.
Un fuoco, una luce che “accende la speranza”.
“Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace.Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine”.
Questo bambino sarà “saggio” proprio come quel re che aveva chiesto per sè il dono della saggezza capace di eque decisioni, colui che sarà potente e Padre, con un titolo che riguarda la “funzione politica estera e militare”.
Un Padre che porta a compimento la promessa, che porta a termine i suoi progetti senza che alcuno glielo possa impedire. Dio lo proteggerà e lo guiderà a favore del suo popolo. “Padre per sempre”.
È un appellativo di taglio sociale. Essendo re è “padre della patria” ma la sua paternità è duratura.
È un padre e quindi a servizio del suo popolo, se ne prenderà cura.
Sarà padre e non padrone. “Principe della pace”. Non sarà Signore, perché l’unico Signore è Dio.
È un principe non di nuove conquiste, ma di pace e questa porta tutti quei beni personali e comunitari che rendono bella la vita; è lo “shalom” la vera realizzazione del singolo dentro il gruppo. (Mic.5,3-4)
Un “nuovo” che riecheggia anche nel Salmo:
“Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta”.
Una gioia così potente che anche la creazione la coglie e “partecipa”.
Un “evento di luce”, una “esplosione di luce” che rifulge, che “squarcia” la notte… (Vangelo).
Betlemme, un bambino viene “alla luce” e porta Luce: “diede alla luce il suo figlio primogenito”, in quella notte buia dove i pastori, “vegliavano le veglie”, “la gloria del Signore li avvolse di luce”.
Un’esperienza nella storia, in quella notte del 6-7 a. C, sotto l’impero di Cesare Augusto, quando era governatore Quirinio, tutti impegnati in quel censimento a Betlemme… gli uomini sono “avvolti di luce”.
La tenerezza e la potenza di Dio ha il volto di un bambino: “troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Luce e gioia hanno il volto di un bambino.
Un bambino che è avvolto in fasce e che giace in una mangiatoia.
Una delle tante nascite in Giudea, eppure questa non è “una” nascita, è “la nascita”: in questa nascita ci sono luce e gioia, ci sono gli angeli, ci sono uomini “svegli” che corrono e c’è una mamma ed un papà in un katalyma.
Un “caravanserraglio”, un posto “per gli ospiti”, un “ricovero per animali e persone”.
San Luca specifica:
“Non c’era posto per loro nell’albergo”.
Giuseppe era di Betlemme, presumibilmente aveva dei parenti, giungono qui, per qualche giorno e “si compirono per lei i giorni del parto”.
Il Katalyma non è una sorta di alloggio commerciale usato per i viaggiatori, per quel tipo di alloggio, Luca usa il termine pandokheion, una “locanda”.
Una donna che sta per partorire ha bisogno di luogo accogliente, sicuro, di privacy…
Un “luogo” per “fare spazio” a quel bambino, per accoglierlo…
Mi piace soffermarmi su questo particolare del Vangelo di Luca, perché ci “racconta” di questa nascita di luce e di gioia e lo fa raccontandoci anche le logiche e le abitudini ebraiche, la “vita quotidiana”, la storia di quella regione con le sue abitudini e regole.
Le case giudaiche del periodo romano in Palestina erano caratterizzate da un’area accanto alla porta, spesso corredata da un pavimento in terra battuta, dove venivano ritirati per la notte, gli animali della famiglia, per evitare furti o vittime di facile preda e con una “utilità pratica”: il loro corpo poteva scaldare la casa nelle notti in cui l’escursione termica era notevole e, in genere questa zona, aveva una mangiatoia per cibo e acqua per gli animali.
La famiglia viveva e dormiva di solito, nella parte sopraelevata della stanza, un po’ arretrata rispetto alla porta. Di solito, le case giudaiche, avevano una “stanza per gli ospiti”, collocata al secondo piano o accanto alla stanza comune della famiglia al piano inferiore.
Occorre anche ricordare che alcune case, proprio nella zona della Giudea del tempo, avevano un “retro” scavato nella roccia, in cui, la famiglia “ritirava” a scopo precauzionale, il bue più prezioso e le bestie da soma affinchè venissero preservati dai furti.
Forse possiamo allora comprendere perché l’evangelista con precisione, ci colloca e ci descrive il “luogo di nascita” di questo bambino.
Luogo, data, collocazione, riferimenti alla TaNakh: san Luca, nel suo annuncio pensa a tutto.
Sotto l’impero di quell’Ottaviano Augusto, nipote di Cesare, che è stato chiamato dal mondo prima addirittura con il titolo di Sôtêr tou cosmou (salvatore del mondo) e poi con quello di Augustus dal 27 a.C., sotto un regno in cui “la pax romana” vigeva in tutti i territori dell’impero, San Luca ci dice:
“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”, ed aggiunge: “nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.”
Una cronistoria che ha il “sapore” messianico di quella profezia di Michea (5,1-4): il compimento del disegno di Dio profetizzato nella Scrittura e la “luce che viene” della nascita di Gesù.
Non è una “nascita” tra le tante, è “la nascita” tra luce e gioia, tra canti e corse, tra “rassicurazioni” (“Non temete” diranno gli angeli ai pastori).
L’evangelista ci racconta di “quei giorni”, meglio “in quei (ekeinais) giorni’ che indicano un momento importante nel tempo della salvezza.
Non ci dice il nome del bambino, ci dice il nome della mamma, Maria e dell’appartenenza familiare del padre: Giuseppe, proprio da quella che fu la città di Davide (secondo re di Israele), per un censimento che è strumento economico e politico in funzione di tasse e impegni militari: il “potere dell’uomo”.
Maria e Giuseppe “rigorosi” osservanti anche delle disposizioni delle autorità romane.
L’uomo esalta la sua “potenza”, Dio nasce “piccolo”.
Il “decreto” dell’Imperatore al “servizio” del “piano divino”.
La fedeltà di Dio alla Sua promessa in Michea 5, 1:
“E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele…”
e da 2 Sam 7: la grande promessa a Davide per bocca del profeta Natan.
Il Mistero della Incarnazione.
Eppure “nasce”.
“E’ nato”.
Nasce per gli uomini.
Dio in un bambino.
E Luca (lui che è attento ai particolari legati alla “cura” delle persone) aggiunge una importante e tenera nota: “lo avvolse in fasce”.
Avvolgere i neonati in fasce o strisce di tessuto era considerato un mezzo per costringerli a tenere gli arti diritti, ed allora questo gesto ci racconta l’attenzione e la cura della madre per il neonato.
E viene “deposto”, in quel luogo in cui lo contiene, in una “mangiatoia” phathnȇ (ricordiamo il cesto in cui venne deposto Mosè per proteggerlo, nelle acque del fiume Nilo in Egitto, affinchè fosse “trovato”), ma anche in un “luogo per il foraggio, anche all’aperto”.
Quello “spazio” viene “trasformato” dalla tenerezza e dalla cura di Maria.
Nasce in un luogo di “cibo” per “farsi cibo”, a Betlemme, quella “città del pane” per diventare Pane.
Nasce annunciato…
E da quella regione in cui Davide pascolava greggi ed armenti, ancora ci sono pastori.
Dio “entra” nella vita dell’uomo, Dio viene “annunciato” all’uomo.
“Non temete”.
Andate e poi annunciate.
Sarà gioia, sarà luce, sarà Dio.
Un Dio nato per l’uomo.
Gloria a Dio, gioia, luce e salvezza per il mondo.