Siamo soffocati da una mala burocrazia che sottrae ai piccoli imprenditori sempre più tempo e risorse per compilare un numero debordante di adempimenti, di certificati e per onorare una moltitudine di scadenze disseminate lungo tutti i 12 mesi: questa criticità costa al sistema delle Pmi italiane 31 miliardi di euro ogni anno. Lo afferma l’ufficio studi della CGIA che ha ripreso i dati dell’ultima rilevazione effettuata qualche anno fa dal Dipartimento della Funzione Pubblica – Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Si tratta di una cifra spaventosa – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo -, in parte imputabile anche al cattivo funzionamento della macchina pubblica che ormai sta diventando la principale nemica di chi fa impresa. Sempre più soffocate da timbri, carte e modulistica varia, questa via crucis quotidiana costa a ognuna di queste Pmi mediamente 7mila euro all’anno”.

D’altro canto, come ha avuto modo di dimostrare l’Ocse nel Rapporto Economico sull’Italia (febbraio 2017), la produttività media del lavoro delle imprese è più elevata nelle zone dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente. In questo studio, inoltre, si dimostra che l’inefficienza del settore pubblico produce maggiori costi economici soprattutto alle piccole imprese. Un Paese dove è difficile fare impresa. Sebbene l’Italia abbia guadagnato 4 posizioni rispetto alla rilevazione precedente, gli ultimi dati della banca mondiale (Doing Business 2018) indicano che tra i 19 Paesi dell’Area Euro, l’Italia si posiziona al 14° posto della classifica generale sulla facilità di fare impresa. Ed è all’ultimo posto della graduatoria sia per quanto riguarda il costo per avviare un’impresa (13,7 per cento sul reddito pro capite), sia per l’entità dei costi necessari per recuperare i crediti nel caso di un fallimento (22 per cento del valore della garanzia del debitore).

E ancora al terz’ultimo posto sia per quanto riguarda il numero di ore annue necessarie per pagare le imposte (238) sia per il numero di giorni indispensabili per ottenere una sentenza a seguito di una disputa commerciale (1.120 giorni, ovvero poco più di 3 anni). L’Italia risulta poi al quart’ultimo posto per il numero di giorni che sono necessari per ottenere il permesso per la costruzione di un capannone (227,5 giorni, pari a 7,5 mesi), mentre si colloca al sest’ultimo posto per quanto concerne le spese da sostenere in una disputa commerciale (23,1 per cento del valore della merce). L’Indice della qualità della Pubblica Amministrazione è il risultato di un mix di quesiti posti ai cittadini che riguardano la qualità dei servizi pubblici, l’imparzialità con la quale questi vengono assegnati e la corruzione.

I servizi pubblici direttamente monitorati a livello regionale sono quelli a valenza più “territoriale” (istruzione, sanità e sicurezza) ma l’indice tiene conto, a livello Paese, anche di servizi più generali, come ad esempio la giustizia, in modo da stilare altresì una classifica nazionale. Il risultato finale è un indicatore che varia tra 100 – ottenuto dalla regione finlandese Åland (1° posto) – e zero – che ha “consegnato” la maglia nera alla regione bulgara dello Severozapaden -; sebbene sia relegato al 118° posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia, seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127° e al 128° posto della graduatoria generale. Subito sotto la Lombardia (38,9) che è al 131° posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133° gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea. Il Piemonte si trova al 161° posto.