(Piero Pagliano)

Il capitolo decisivo, nella “Amazing Story” del musicista Pietro Alessandro Yon (Settimo Vittone, 1886 – New York, 1943), si deve a una bella storia di famiglia. Fu, infatti, il fratello maggiore Stefano Costantino, che già era stato il suo primo maestro di pianoforte, a preparargli la strada anche nel Nuovo Mondo, dove si era affermato come musicista; e il più giovane organista, allora ventenne, fu ben lieto di raggiungerlo in un ambiente che prometteva maggiori vantaggi professionali rispetto all’Italia.

Costantino Yon, organista nella Chiesa di San Vincenzo Ferreri di New York, propose dunque il fratello come titolare nella chiesa cattolica di San Francesco Saverio a Manhattan, dove fu accolto con favore dal pubblico americano, e dove rimase per diversi anni, componendo varie opere tra cui – giusto un secolo fa – il “Cristo trionfante” dedicato al fratello Stefano. Finché nel 1926 – senza concorso, grazie al riconoscimento unanime che si era conquistato – sarà nominato primo organista nella Cattedrale di San Patrizio, la chiesa più importante di tutto il Nord America.

Accanto al suo compito quasi quotidiano per le funzioni liturgiche, Yon non trascura però la sua attività di libero concertista, sempre molto richiesto e applaudito non solo per la sua assoluta padronanza tecnica, ma soprattutto per le sue singolari qualità espressive. E, inoltre, come sottolinea l’amico e biografo Renzo Pessatti (“Musica e musicisti del Canavese”, edito per la Società Accademica di Storia ed Arte Canavesana), Pietro Yon non fu certo da meno nella sua attività di compositore. Appena trentenne, il suo catalogo comprendeva già un centinaio di opere, distribuite in tutti i generi della musica sacra (26 Messe, più di cento Mottetti, quattro Oratori, Salmi, Inni), e sempre con una predilezione per la polifonia, volendo così mettere in primo piano la dimensione comunitaria, “ecclesiale”, del canto e della musica religiosa.

La sua opera più originale, tra le tante composizioni, resta senza dubbio il “Concerto gregoriano” in La minore per organo e orchestra, che indica già nel titolo la innovativa “poetica” del suo autore: quella di stabilire un fertile connubio tra la più antica e diffusa tradizione della musica sacra – rappresentata ap-punto dal canto gregoriano – e la forma musicale che aveva trovato nel concerto solistico ottocentesco la sua espressione più moderna e popolare. Che questo concerto sia stato l’opera più elaborata di Yon lo provano le diverse versioni in cui fu adattato dal suo autore: scritto in origine per organo e orchestra, per la nuova inaugurazione del grande organo Wanamaker di Filadelfia, e dedicato a Marco Enrico Bossi, fu eseguito con Leopold Stokowski sul podio; in seguito, Yon lo trascrisse per organo e pianoforte, e infine anche per organo solo.

Il concerto è strutturato nei quattro movimenti (Introduzione ed Allegro, Adagio, Scherzo, Finale) che fanno riferimento sia alla “forma-sonata” che al modello sinfonico. Nella “versione” più concertistica con pianoforte è suggestivo l’inizio, in cui le prime note pianistiche evocano rintocchi di campane che annunciano l’entrata dell’organo, il quale porge a sua volta il tema di un “canto” in più registri, facendolo seguire da ampi sviluppi e da un classico “dialogo” con il pianoforte. Nell’Adagio, i due strumenti si uniscono in un dolce motivo elegiaco ascendente che continua nel registro più gioioso dello Scherzo; nel Finale, che conclude il concerto, tutta la potenza sonora dell’organo e del pianoforte si combina per esprimere, con evidenti richiami ai grandi classici della tradizione, un solenne inno di ringraziamento alla divinità.

Oltre ai ruoli ricoperti sempre con grande cura nel servizio religioso, i due fratelli Yon seppero mettere a frutto i propri talenti non solo musicali con la fondazione di un’accademia privata, la “Yon Studios”. In un primo tempo, questa scuola di perfezionamento ebbe la sede in una sala di Carnagie Hall e, abilitata a rilasciare qualifiche riconosciute, si rivelò subito anche un successo imprenditoriale; in seguito, si trasferirà in un esclusivo locale sulla 75a strada; e proprio qui, il futuro compositore Cole Porter sarà uno dei tanti studenti di quell’istituto, che avrebbero alimentato il futuro della musica americana.

Come scrisse Pietro Chiarodo, nella prima biografia dedicata a Pietro Alessandro Yon, “fu l’America che lo rivelò all’Italia”, e quindi allo stesso Canavese, dove il musicista faceva ritorno nei mesi estivi, perché i grandi riconoscimenti ottenuti nel Nuovo Mondo non gli fecero mai scordare l’amore per il suo paese. Alle Alpi Trovinasse, sopra Settimo Vittone, si era costruito un villino, da lui chiamato “Baita Yon”, dove il “maestro” passava il periodo delle vacanze, fra i casolari dei suoi antichi compagni di adolescenza, “quasi pastore fra i pastori”.

A Trovinasse, Yon riprendeva il suo nome di “Pilìn”, come veniva chiamato dai famigliari, ma restando sempre fedele alla sua vocazione di musicista, perché proprio in omaggio ai vecchi canti della terra natale raccolse e armonizzò quei motivi più popolari in una “Messa montanara”, che venne poi eseguita dagli stessi pastori alla funzione festiva nella chiesa locale, con l’accompagnamento di Yon all’armonium. E oltre a questo suo originale contributo di artista, merita ricordare che il nostro musicista si adoperò personalmente per promuovere e finanziare anche il restauro dell’organo ottocentesco Giacomo Vegezzi Bossi in quella che restò sempre la “sua” parrocchia di Settimo Vittone.

Quando Pietro Alessandro Yon morì, a 57 anni, furono più di mille persone, tra cui il grande Arturo Toscanini e altre note personalità del mondo della cultura, a presenziare al suo funerale nella Cattedrale di San Patrizio a New York. Era il 22 novembre del 1943 quando si concluse la vicenda terrena del Maestro canavesano: fu certamente un caso, ma è bello pensare che quello era proprio il giorno in cui la Chiesa celebra Santa Cecilia, la nobile romana convertita al Cristiane-simo, martire nel 230, e patrona della musica.

 

[Si segnala qui, ancora, il ricco e documentato profilo biografico dedicato da Doriano Felletti al “Maestro d’organo” canavesano sul n. 40, Estate 2023, della rivista semestrale Canavèis: “Da Settimo Vittone alla conquista degli Stati Uniti d’America”.]