Il 1° novembre, festa di Tutti i Santi, dopo una lunga e avventurosa vita, ci ha lasciati per il riposo eterno il caro amico monsignor Paride Taban. Vescovo di Torit, in Sud Sudan, fu indomito difensore della sua gente, conosciuto in tutto il mondo per la sua totale partecipazione alle sofferenze e alla resistenza del popolo sud sudanese alla imposizione di leggi, sistema politico e religione estranei alla storia e alla cultura di quelle terre.

Nella sua diocesi fondò tra i Toposa il villaggio di Kuron, testimonianza di pace e riconciliazione, una comunità di persone di diverse tribù e religioni che vivono insieme con fiducia, in armonia e amicizia. Durante un viaggio in Terra Santa, era stato colpito da una visita fatta al villaggio di Neve Shalom, dove – tutt’oggi – ebrei e palestinesi, tutti di cittadinanza israeliana, vivono insieme in equità e giustizia. A Kuron la gente ha abbandonato la pastorizia e ha cominciato a dedicarsi all’agricoltura. Dove c’erano accampamenti per il bestiame sono sorti campi sportivi, così i giovani guerrieri possono continuare a misurarsi nella forza, ma tirando calci a un pallone e non facendo razzie…

“Il nostro popolo ha una forte fede, un’imperitura speranza e un’indescrivibile capacità di risorgere. Non ho dubbi: sapremo costruire una nazione forte e orgogliosa, anche se oggi siamo costretti a ingannare la fame cantando e danzando”. Monsignor Taban aveva una capacità straordinaria di parlare alla gente semplice e fiera della sua terra. Amava spiegare che in ognuno di noi, in lui stesso, ci sono due leoni. Uno è selvaggio e molto feroce, l’altro è calmo e mite: “Quale dei due leoni ci guiderà: quello crudele oppure quello pacifico? Quello che noi nutriamo!”.

Con il leone feroce non combineremo nulla di buono, anzi saremo causa di conflitti e di guerra. Invece il leone mite salverà noi stessi e pure gli altri. Occorre nutrire ed educare il nostro leone calmo e mite, con la preghiera e la disciplina. Solo Dio può saziare il leone saggio che è in noi, permettendoci di vivere nella gioia e di collaborare a costruire un mondo più giusto e in pace.

“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, si usa dire. Invece c’è un’altra formula, che è quasi uguale (quasi uguale a parole): “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il domandare”. (Don Luigi Giussani)