“Palermo mi appare come una città irredimibile”: così nel 1988 Leonardo Sciascia scrisse sul settimanale “Il Sabato”. E Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel romanzo italiano più letto del ‘900, “Il Gattopardo”, descrisse l’impossibilità di un cambiamento dei siciliani con sua famosa e cinica frase: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi“.

Il grande Verga, nei suoi romanzi e racconti del “ciclo dei vinti”, presentava la sconfitta e la disperazione dei suoi personaggi. Nei “Malavoglia”, la nave che va a fondo con i lupini, segnando la fine di ogni illusione della famiglia Toscano, si chiama “Provvidenza”: non esiste alcuna possibilità di una vita che risponda alla sua promessa di bene e pace.

Quasimodo, esule in terra lombarda, vive un profondo legame ed una struggente nostalgia per la sua terra e offre una via d’uscita: “La radice resiste ai denti della talpa”.

La “radice” di cui ogni siciliano sente il bisogno si può trovare nel Duomo di Monreale. Esso è come un faro che, dal “monte del re”, attrae al porto sicuro. Offre un cammino dalle tenebre alla luce, dalla durezza della vita alla pace del paradiso in terra e in cielo. Passando per lo splendido portale di Bonanno Pisano, il visitatore e il pellegrino sono immediatamente oggetto dello sguardo e della benedizione di Cristo Pantocratore che accoglie tutti dalla luminosa abside. I magnifici mosaici, che si estendono sulle pareti e sulle volte per quasi 7.000 metri quadrati, illustrano la storia della salvezza: gli eventi dell’Alleanza, antica e nuova, i miracoli di Gesù, la vita della chiesa, i volti degli arcangeli, dei santi martiri e degli apostoli.

Nella chiesa giace la tomba di Guglielmo II, che ci ha donato questo luminoso segno del destino benevolo cui siamo tutti chiamati. Dante, profondo conoscitore della storia del Regno di Sicilia e grande ammiratore del re buono, ce lo fa incontrare in Paradiso. Guglielmo si è meritato il premio eterno, sia per la saggezza di governante che seppe far convivere mussulmani e cristiani ortodossi e latini, sia per il grandioso stimolo culturale che portò alla Scuola Poetica Siciliana premessa letteraria del Dolce Stil Novo.

Dio creò la terra, la guardò e gli piacque. La baciò. L’impronta delle labbra di Dio: la Sicilia.