Fortunata coincidenza.

Domenica 30 aprile si celebrava la 60a giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni sul tema “Vocazione: grazia e missione”. Paolo VI nel lontano 1964 intuì che era necessario pregare per le vocazioni: le chiese e i seminari erano ancora pieni, ma la maggioranza del popolo era composto da “lontani senza motivo”. Nella sua prima predica si rivolse in modo accorato al popolo di Dio: “ … un momento fatale matura per la nostra generazione. Ogni generazione diventa responsabile della conservazione e dell’incremento del patrimonio storico di cui raccoglie l’eredità”.
Alla giornata per le vocazioni segue la festa del lavoro. Il lavoro è il luogo privilegiato del compimento della vocazione; esso è anche il momento della verifica o del discernimento circa la propria scelta.

Il mio primo lavoro si svolse nel mese di agosto del 1975. Da anni tutte le settimane frequentavo la Casa di Riposo Molina di Varese. Si trattava dell’esercizio della “caritativa”, uno dei pilastri educativi del Movimento di Comunione e Liberazione: dedicare un poco del tempo libero condividendo la vita di persone povere o sole è il sacrificio necessario per educarsi alla carità.

Mi ero legato profondamente alle persone che vivevano nei vari padiglioni e si erano creati rapporti importanti, non solo con chi “faceva” come me la caritativa, ma con gli ospiti, teneramente chiamati “vecchietti”, diventati parte della nostra vita. Così ero anche andato ad un pellegrinaggio al santuario di Oropa, rimanendo tre giorni ospite del bellissimo complesso del monte sacro di Biella.

Studente di Medicina al secondo anno, avevo così deciso di “lavorare” per un mese, durante le vacanze, per capire meglio che cosa volesse dire una scelta di lavoro in un ambito di assistenza socio- sanitario. Per un mese ho fatto l’inserviente, soprattutto nella lavanderia dove arrivavano lenzuola e coperte per il lavaggio. Un compito umile, anche faticoso, che si rivelò decisivo. In quel mese avevo capito che ero chiamato a lavorare per chi era più debole e dimenticato.

Una chiamata ha preceduto la scelta di come “fare” il medico. Ho ricevuto il dono di una indicazione, discreta inizialmente, poi confermata da tanti altri segni, soprattutto dall’incontro con Luciana, poi moglie e collega in Africa.

La vocazione è un dono per un compito, per una missione. E può accadere anche in lavanderia.