La Messa del sabato a Kalongo (in Uganda) era minacciata dalla pioggia. La cappella dell’ospedale, troppo piccola per contenere i fedeli, costringeva a pregare all’aperto.
Il cielo scuro minaccia un diluvio. Padre Ezio però non esita: prega affinché si possa celebrare bene la Messa e la pioggia ritardi. Lo guardo stupito: sono due settimane che non piove e la gente ne ha bisogno! Ezio non desiste: “La pioggia viene da Dio e pioverà stanotte”.
E così fu: piovve di notte, verso le 21. Lievemente, però abbastanza, e anche domenica, nel pomeriggio. Dolcemente, come se da lassù il Signore godesse di questo missionario, che viveva sicuro e saldo della promessa che lo aveva portato a dare tutta la sua vita per queste genti e l’Uganda, e volesse esaudirlo delicatamente.
Le sue Messe erano vere scene evangeliche. C’erano tutti i personaggi biblici. Ezio, come il profeta antico, che invoca, ammonisce, incoraggia, racconta storie, spiega la scrittura e benedice. C’erano le pie donne e qualche uomo, ma soprattutto malati, feriti, amputati, fasciati su testa, collo, arti, con stampelle e bastoni di tutti i tipi. Non mancavano i poliomielitici con gli arti rattrappiti, incapaci di alzarsi in piedi, spesso preferendo alla carrozzella il cammino a quattro arti.
Certamente il Signore ha amato le Messe di Ezio, compiacendosi del suo servo fedele: partecipava anche Lui, non solo sull’altare, ma anche mescolandosi, a suo agio, tra quelli da lui di gran lunga preferiti.
Padre Ezio Filippi è salito al cielo lo scorso 10 ottobre, proprio nel giorno della festa di Daniele Comboni, il grande missionario che lo aveva affascinato e alla cui sequela ha donato 60 anni all’Uganda. Un missionario fedele come tanti. Cosa c’è di eccezionale in questa morte, che a 90 anni può essere compresa? Nulla. Anzi, solo la grazia di una fede totale che ha investito la sua vita e l’ha resa straordinaria.
In una delle sue ultime lettere esprimeva la contentezza per aver seguito un po’ il santo fondatore nell’evangelizzazione, battezzando almeno 25.000 persone, celebrando centinaia di matrimoni, donando il perdono e animando adorazioni davanti all’Eucaristia, “il dono più grande che ha lasciato Gesù. Pensate cosa avverrà quando mi sarà permesso di raggiungere il Paradiso. Quanti verranno a salutarmi e ringraziarmi!”.
“Lo sazierò di lunghi giorni e gli mostrerò la mia salvezza” (salmo 90)