La prima presentazione pubblica del libro dedicato alla ricca e avventurosa vita del comboniano Padre Pietro Tiboni non poteva che aver luogo nel suo paese natale (Tiarno di Sopra, nella splendida val di Ledro in provincia di Trento) e nel mese di ottobre, il mese missionario e dedicato al Rosario e alla vigilia della festa di San Daniele Comboni.

La sala dell’auditorium comunale era colma di compaesani e amici da paesi e città vicine. Un’atmosfera di vera gratitudine e di attesa. I familiari avevano curato la cerimonia nel migliore di modi, affinché tutto fosse degno del grande missionario. Guidati dalla graziosa abilità di Stefania, pronipote di padre Pietro, con me (autore del libro) era presente padre Guido Cellana, il superstite tra i quattro comboniani cui il paese aveva dato i natali. Quando Tiboni celebrò la prima messa nel 1950, proprio Guido, allora dodicenne, fu scelto per la recita della poesia di benvenuto. Il missionario gli propose di diventare comboniano: non esitò a lungo e dopo poche settimane entrò in seminario.

Mentre il pomeriggio scorreva nella gioia e nella riconoscenza, ho percepito tutta la precarietà del lavoro di ognuno che ci ha preceduti, anche del mio, circondati dal male della guerra che potrebbe far cessare tutto in un momento e che ostacola un vivere umano. Mi sono venute alla mente le note della sinfonia n. 8 di Schubert, conosciuta come “L’incompiuta”: l’autore non la poté completare e fu eseguita per la prima volta 37 anni dopo la sua morte.

La vita è proprio come l’incompiuta: una sinfonia di passione e di dedizione che darà frutto a suo tempo. Un tempo che non è nostro. Siamo chiamati ad essere fondamenta dell’edificio di cui solo l’Architetto sa il tempo e l’ora.

Padre Pietro è sepolto a Kitgum, accanto alle fondamenta della chiesa parrocchiale da lui fondata e tanto amata.

“Il missionario della Nigrizia deve sovente meditare che egli lavora in un’Opera di altissimo merito sì, ma sommamente ardua e laboriosa, per essere una pietra nascosta sotterra, che forse non verrà mai alla luce, e che entra a far parte del fondamento di un nuovo e colossale edifizio, che solo i posteri vedranno spuntare dal suolo” (san Daniele Comboni)