Secondo l’Istat, nel 1951 ogni 100 giovani c’erano in Italia 31 anziani; al 1° gennaio 2024 la proporzione è di 200 anziani ogni 100 giovani. Nel 2050, ogni 100 giovani ci saranno 300 anziani.
In Piemonte, oggi, gli ultra sessantacinquenni sono 1milione e settantaseimila (pari al 25% della popolazione, con una percentuale destinata irrimediabilmente ad aumentare sul breve e medio termine).
Ma chi sono questi “anziani”? Gli stessi del 1951? E nel 2050 saranno gli stessi di oggi?
Il mondo dell’anziano è molto variegato: spesso abbiamo difficoltà a concepire come “anziana” una persona 65enne o un 70enne. Non solo perché sovente godono di buona salute, ma perché i nuovi anziani non sono più analfabeti che non hanno mai lasciato il contesto rurale o cittadino di appartenenza, lontani dalla tecnologia e dalle novità del mercato. Oggi gli anziani sono capaci e disponibili, risorse per le famiglie dei figli, esperti nelle difficoltà della vita, capaci di utilizzare le tecnologie, impegnati nel volontariato.
Poi ci sono gli ultraottantenni (circa il 7,7% degli italiani), minati da malattie, con bisogni assistenziali continui e che spesso non trovano sostegno dai servizi preposti. Per loro, in più se in difficoltà economiche, l’unico sostegno viene dal caregiver (sovente un familiare), e dai servizi del terzo settore, con punti di forza ma anche limiti.
La complessità dei nuovi anziani e la loro eterogeneità non permette un livellamento che vada bene per tutti. Anche la distinzione tra chi ha svolto un lavoro usurante o meno non basta come parametro nella scelta di proposte sul futuro della terza età. Certo è che dovrebbero essere studiate e strutturate dei modelli capaci di reinvestire il capitale umano con l’offerta di sfide nuove partendo dall’analisi dei contesti e delle opportunità, bilanciando tra impegno delle fasce d’età tra i 65 ed i 70 anni e l’apporto dei giovani al mondo del lavoro, evitando quelle condizioni di disparità generazionale che favoriscono sentimenti di discriminazione.
Con le previsioni dell’aumento degli anziani è auspicabile una flessibilità nell’accoglienza e nella progettazione di servizi e opportunità rispettosa e dignitosa della persona e che garantisca una qualità della vita appropriata all’individuo anche dal punto di vista della sicurezza e dell’inclusione sociale.