L’Undici Settembre di Israele, con le stragi – anche di bambini – perpetrate dal terrorismo di Hamas, avrebbe meritato dal Parlamento italiano una risposta unanime, com’era avvenuto per l’aggressione russa all’Ucraina e per gli attentati di Bin Laden a New York, nel 2001. Questa volta, Camera e Senato hanno certamente condannato l’attacco terroristico ma con mozioni separate, divise su alcuni punti. Un’occasione politica di unità del Paese che è stata persa, un segnale negativo al mondo, una conferma – purtroppo – del clima di “lotta continua” tra destra e sinistra, dentro e fuori delle Istituzioni democratiche. Il primato delle diverse identità partitiche non viene accantonato mai, neppure di fronte alla guerra.
Il clima “caldo” nei rapporti politici era già stato avvertito dal Presidente Mattarella a proposito del conflitto russo-ucraino: il Quirinale ha chiesto di non abbandonare Kiev, ricordando il triste precedente degli anni ’38-’39, quando la Germania hitleriana invase la Cecoslovacchia e la Polonia, preparando la seconda guerra mondiale.
La politica estera ritorna prioritaria nella vita politica italiana, ma trova divise e incerte sia maggioranza che opposizione. Nel centro-destra la Meloni persegue una linea “occidentale”, mentre Salvini fa comizi con Marine Le Pen, nota sostenitrice di Putin; nel Pd la Schlein oscilla tra la scelta atlantista di Enrico Letta e la posizione “neutralista” dei Pentastellati e di Sinistra e Verdi.
E anche sul tema migratorio il Governo appare diviso: la premier ha raggiunto un’intesa con Berlino, lasciando da soli Ungheria e Polonia che rifiutano ogni accordo sull’accoglienza, proponendo la politica dei respingimenti (come Salvini).
Il più preoccupato dei conflitti aperti in Israele e Ucraina appare il ministro dell’Economia Giorgetti, che vede nuove difficoltà per il varo del bilancio statale 2024, a causa del rialzo dei tassi e della nuova fiammata della spesa energetica. Le risorse sono inferiori ai 20 miliardi, nonostante la scelta di un forte debito pubblico (140% del Pil), contestata dagli organismi internazionali e dalle agenzie di rating.
Nel contesto di una nuova austerità si è inserita la manifestazione della Cgil per la priorità al lavoro, sacrificando altri interventi non urgenti (tra questi il ponte sullo Stretto). Contestualmente il sindacato di Landini ha rilanciato la difesa della Carta costituzionale, con un chiaro riferimento (naturalmente in senso contrario) al disegno di legge sul premierato elettivo, raccogliendo vaste adesioni negli opinion-leader e, ovviamente, tra gli iscritti.
Per i paradossi della politica l’iniziativa Cgil sulla Costituzione non sembra dispiacere alla premier, timorosa di un risultato negativo sul referendum, come già avvenne a Renzi nel 2016. Il tema istituzionale sembra uscito dall’agenda parlamentare, insieme al testo Calderoli sulla costosissima riforma delle autonomie regionali (con gli attuali limiti alla finanza pubblica non c’è alcuna possibilità di una via “privilegiata” per le Regioni del Nord).
Il Presidente della Repubblica ha invece aperto all’ipotesi di un ritorno all’elezione diretta delle Province, superando l’attuale meccanismo della legge Delrio (secondo grado). È una scelta che premia la responsabilità diretta dei cittadini e riduce gli spazi per le logiche di spartizione partitica.
Il disastro bellico, infine, ha messo in sordina le mosse dei partiti per le prossime elezioni europee; sarà opportuno dedicare più attenzione alla politica estera, e in particolare, accanto alla denuncia rigorosa del terrorismo di Hamas, rilanciare la linea dei due Stati in Terrasanta, ebraico e palestinese.
È un tema sempre sostenuto dalla Comunità internazionale, e in particolare dalle Comunità cristiane. Anche nei momenti più bui della storia, non va ignorata l’esigenza del dialogo tra Ebrei, Mussulmani, Cristiani, unica, vera prospettiva di pace. Nei decenni scorsi autorevoli politici italiani (Fanfani, Moro, Craxi, Berlinguer) si distinsero in questo percorso. Oggi per la Farnesina è l’unica strategia possibile per evitare un conflitto permanente nella terra di Abramo.