Alla donazione di Ottone Guglielmo, conte di Borgogna (1019), ne seguirono altre, grazie alle quali l’abbazia di Fruttuaria estese la sua presenza nel Canavese con priorati, celle e prevosture. Le tracce di questa presenza si colgono nelle antiche tradizioni, nei resti archeologici e soprattutto negli atti giuridici conservati dagli archivi, quelli sopravvissuti alle ingiurie del tempo.

Accanto all’abbazia nacque la villa Sancti Benigni. “Come è nato questo villaggio? Molto probabilmente dobbiamo pensare a una capacità di attrazione dell’abbazia, che ha raccolto attorno a sé un insediamento e una popolazione crescenti, decretando, al contempo, il declino di insediamenti minori, come Vigilulfum, ancora ricordato nel secolo XIII” (Centro interuniversitario di Storia territoriale “Goffredo Casalis”).

Nel villaggio, diventato uno dei “ricetti” del Canavese, sorse una piccola chiesa, San Nicolao, il cui praepositus era nominato dall’abate. Anche la chiesa di Volpiano era officiata dai monaci. La sua appartenenza a Fruttuaria è confermata da una bolla di papa Clemente IV (1265). A lungo disputata tra l’abbazia e i vescovi di Ivrea, nel sec. XV passò alla diocesi. La parrocchiale di Volpiano è di fatto raffigurata nel grande affresco del palazzo vescovile di Ivrea (sec. XVIII).

Questa parrocchia venne in seguito aggregata alla diocesi di Torino (1803). A poca distanza da San Benigno, sulle ultime propaggini della Vauda, è l’antico Castrum Longobardorum, oggi Lombardore, una delle terre donate all’abbazia da Ottone Guglielmo. Che Fruttuaria vi abbia istituito un suo priorato (N. Cuniberti, I monasteri del Pie-monte) non è sicuro. La chiesa, intitolata a Sant’Agapito, era comunque officiata da un praepositus nominato dall’abate. Stando a una tradizione, lo stesso re Arduino avrebbe fondato in Borgallo, la parte alta dell’odierna Rivarossa, il priorato di S. Maria Maddalena.

Ma potrebbe essere stato l’abate Alberto a mandarvi i primi monaci intorno al 1060. La documentazione disponibile assicura comunque che esso esisteva prima del 1203. “Nel complesso – scrive Paolo Venesia – viene accettato il sec. XI come probabile periodo della fondazione sul luogo di un edificio cultuale al servizio dei benedettini e della popolazione locale” (Il Medio Evo nel Canavese, p. 235). Presso il castello di Front, sempre sulla Vauda, vi è un’altra chiesa dedicata a S. Maria Maddalena, erede probabilmente di un edificio più antico. Era anche questa un priorato di Fruttuaria? La tradizione la vuole fondata per interessamento del terzogenito del Re Arduino, di nome Guido. Il primo documento è del 1190, allorché Enrico dei San Martino di Front, abate di Fruttuaria, ebbe la giurisdizione della chiesa di Santa Maria Maddalena, che tuttavia continuò ad appartenere alla diocesi di Ivrea, finché fu trasferita a quella di Torino (1817).

Nel 1019, secondo il Chronicon Abatiae Fructuariensis, il conte Emerico, signore di Barbania, Corio, Busano, Rocca e Rivara, fondò a Busano un monastero femminile e lo dotò di vari beni tratti dal suo feudo. Prima badessa del nuovo monastero fu Libania, figlia di Emerico e consignora di Rivara. Allo scopo di difenderlo da ingerenze esterne, nel 1114 la famiglia fondatrice lo pose sotto la giurisdizione dell’abbazia di Fruttuaria. Quando i conti di Valperga si impossessarono di Rivara, la loro influenza si estese anche sul monastero di Busano. Dal 1232 al 1240 il conte di Rivara e di Valperga fu in lite con Fruttuaria per il possesso di beni del monastero. Nel 1326 le monache passarono a Belmonte, associandosi a un gruppo di benedettine condottevi da Guido, vescovo di Asti.

La successiva fondazione del “regolare” convento di Belmonte va intesa come atto di pacificazione per opera del vescovo Guido, membro della famiglia dei conti di Valperga. Dal “Cartario di S. Tommaso di Busano e di S. Maria di Belmonte” risulta che per gli atti di ordinaria amministrazione le monache ricorrevano all’autorità di un rappresentante dell’abate di Fruttuaria. Del monastero di Busano rimane oggi la chiesa che vi era annessa, dedicata a san Tommaso apostolo. Ampliata e modificata, è diventata la parrocchiale del paese. Dell’antica costruzione sono conservate esternamente le tre absidi in stile romanico, con archetti pensili e nicchie cieche o fornici. Le monache benedettine rimasero a Belmonte fino al 1601, quando si trasferirono a Cuorgnè per ordine del vescovo di Torino. Al loro posto subentrarono i francescani.

Un diploma dell’imperatore Enrico II di Sassonia a favore dell’abbazia di Fruttuaria (1006) nomina la corte di Obiano, “che Berta, figlia di Amedeo, donò in proprietà al predetto luogo con la chiesa situata nella stessa corte” (testo in S. Benedetto – P. Debernardi, Un monaco per l’Europa, p. 367). Obiano compare anche nel secondo diploma di Enrico II (1214) fra le proprietà confermate all’abbazia: “nel Canavese Urbiano con il castello e la cappella, i servi e le serve”, dove probabilmente Urbianum sta per Obianum (ivi, 372). A Obiano, una delle frazioni di Rivarolo, esiste tuttora la cappella di San Biagio.

Sempre secondo il Chronicon Abatiae Fructuariensis, nel 1014 dodici monaci di Fruttuaria si sarebbero installati a Rivarotta, nei pressi di Valperga. Un atto di Berengario II d’Ivrea del 951 nomina la “Curtem Canavese cum castro quod dicitur Riparupta”. Si tratta dunque di una curtis longobarda, con una pars dominica e mansi da essa dipendenti. I dati archeologici fanno risalire questo insediamento all’età romana. Situato su un rialzo presso la confluenza tra il torrente Gallenca e l’Orco, esso controllava il guado sul fiume e, pertanto, l’importante strada che metteva in comunicazione Castellamonte e l’Eporediese con Valperga.

Di qui, attraverso Salassa, Oglianico e Front, pellegrini e mercanti potevano andare a Torino e in Val di Susa e di qui raggiungere la Francia. A Rivarotta, oltre ai monaci, si sarebbe insediato un piccolo monastero femminile, succursale di quelle di Busano, che tuttavia non ebbe lunga durata. Retta da Fruttuaria fin dal 1170 e sotto il patronato dei conti di Valperga, la prepositura Sanctae Mariae de Ripa Rupta dipendeva giuridicamente dalla diocesi di Ivrea, ma nel 1773 fu anch’essa incorporata alla diocesi di Torino. Oggi la cappella di Santa Maria Maddalena è inserita all’interno di un vasto cascinale, circondato a sua volta da un antico muro fatto con grosse pietre.