Alla faccia dell’estate e delle vacanze tranquille, serene, spensierate! Seppur meritate, la cronaca di questi giorni è una specie di “bollettino di guerra” da cui non ci si può sottrarre anche se ben sistemati sotto l’ombrellone. Il caldo torrido miete vittime, gli incidenti in montagna sono numerosi ogni giorno, il terremoto in Indonesia ha azzerato città e villaggi, gli incendi in California sono tra i peggiori della storia, i morti sulle nostre strade tra furgoncini di braccianti che si scontrano e autobotti di gas che saltano in aria allungano i bilanci delle vittime. Si potrebbe andare avanti ad elencare. Le vacanze non possono farci dimenticare questi drammi anche se la voglia è quella di svuotare un pò la testa per trovare la calma e la serenità necessarie a riprendere la vita lavorativa tra qualche giorno o qualche settimana.
C’è modo di convivere in tempo di vacanze con questi bollettini di morte e di distruzione? Qualcuno è pronto per partire, qualcuno è già tornato, per qualcuno le vacanze sono solo un sogno che non si potrà realizzare, per qualcun altro sarà almeno un giorno di vacanza passato in modo diverso dal solito. C’è chi sogna di non cucinare per una settimana, chi potrà finalmente fare tardi la sera per dormire la mattina, chi potrà mettere alla prova questa o quella attrezzatura, chi invece metterà alla prova se stesso sperimentando vacanze alternative. Ciò che manca però, a detta di tutti quelli che
ritornano o che rimangono, è il tempo: le vacanze sono sempre troppo corte, non c’è mai abbastanza tempo per fare tutto.
C’è la possibilità di rimediare? Forse. La strategia più corretta è di vivere pienamente e consapevolmente ogni istante che si passa in vacanza, foss’anche nella propria casa, foss’anche nella propria città mentre ancora si lavora. Aprire pienamente i vostri sensi, provare a descrivere quello che è intorno a voi, come facendo il gioco “Se fosse…” per mantenere nella memoria una traccia di quanto si sta facendo. Se nel numero scorso abbiamo parlato del pellegrinaggio, del cammino, come un modo per riprendere il contatto con quanto ci circonda, proviamo a farlo anche oggi, anche domani, in qualunque posto ci troviamo. Proviamo a gustare ogni singolo boccone della pietanza che mangiamo. E’ vero che i banchetti dei ristoranti sono sempre pieni di leccornie che invitano a riempirci i piatti fino all’orlo, ma proviamo a scegliere, magari quello che non conosciamo, e proviamo ad immergerci in sinfonie di gusti nuovi. Anche quando siamo di fronte ad un bel panorama, proviamo a riflettere su cosa ci ha emozionato, cerchiamo di cogliere i particolari dei colori, delle forme, dei movimenti dell’ambiente circostante, proviamo a chiudere gli occhi, come a scattare una fotografia con la nostra mente, e poi riapriamoli e guardiamo ancora per vedere di nuovo, per capire se abbiamo dimenticato qualcosa.
Quando ascoltiamo una musica, che sia il tormentone del momento o quelle tradizionali di qualche festa paesana, proviamo ad apprezzarne il ritmo, facciamo vibrare quelle note dentro di noi. Proviamo ad ascoltarne le parole, a cercare di capirle, a farcele tradurre nel caso, per capire che cosa ci sta dicendo quella musica nuova. Proviamo anche a respirare gli odori (e perché no, anche le puzze) di quanto ci circonda, il profumo dei boschi o quello del mare, per scoprire che non ce n’è uno uguale all’altro, e sorprenderci che un’essenza è data proprio da quella pianta o da un misto di
elementi che si combinano tra di loro. E poi proviamo a immergere le mani, i piedi, quando possibile il corpo intero in quello che ci sta vicino, percepiamo con attenzione le sensazioni che ci rimanda l’erba, la sabbia, nel rispetto di ciò che tocchiamo e nel rispetto di noi stessi. Poi, se possibile, ascoltiamo chi ci sta a fianco e anche noi stessi, proviamo a comunicare bene, scambiando emozioni e pensieri, usiamo questo tempo per conoscerci e per conoscere chi ci sta vicino.
Potremmo scoprire che non siamo uguali ma che gli occhi e le sensazioni dell’altro ci offrono un panorama in più. Se qualcosa non è di nostro gradimento, prima di spingerci verso critiche apodittiche, proviamo a capire del perché quella cosa è fatta o pensata in modo diverso da come la pensiamo noi. Magari ha motivo di essere così, potremmo chiedere informazioni e, con la corretta curiosità, conoscere anche così qualcosa di nuovo. Forse alla fine delle vacanze non avremo fatto tutto, ma avremo fatto molto e quello che rimarrà sarà un po’ più bello, un po’ più nostro. E poi ricordiamoci sempre di lasciare la natura così come ci è stata donata, non portiamoci dietro sassi o sabbie o fiori che poi, regolarmente a distanza di qualche mese verranno già gettati nella spazzatura. Se vorremo ci sarà una nuova occasione per rivederli o ritrovarli, altrimenti li lasceremo apprezzare ad altri che verranno dopo di noi. In tutto ciò scopriremo che il mondo non si è fermato, e neppure noi; ha vissuto le sue catastrofi e qualcuno le ha pagate sulla propria pelle. Non è una ragione per non godere le ferie ma lo è per ricordarsi chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Perennemente in cammino, in viaggio, non solo per le vacanze ma per la Vita.
di Cristina Terribili