Lo scorso venerdì 24 marzo abbiamo ricordato nella chiesa parrocchiale di San Giovanni a Ivrea la vita dei missionari martiri che nel 2022 hanno testimoniato con la vita il dono supremo delle fede. Lo abbiamo fatto aiutati dal nostro Vescovo Edoardo, che ha presieduto la Veglia e ci ha invitato alla preghiera, e dai parrocchiani di don Josè Bergesio.

In una celebrazione intensa, abbiamo ricordato i nomi di tutti i 22 missionari uccisi in diverse aree del mondo nel corso dell’anno passato.

Introdotti nella Veglia dal diacono Emiliano Ricci, siamo stati guidati nello sguardo verso i cinque continenti presso i quali la vita dei missionari si è diretta.

Molti, se non tutti i missionari sono stati uccisi per motivi di ingiustizia.

La violenza è lo strumento sbagliato che gli esseri umani usano per rivendicare i diritti negati, oppure per imporre condizioni di inferiorità a interi villaggi e così plasmare un mondo deformato e sfruttato.

La celebrazione ci ha condotti alla sorgente in cui abbiamo potuto vedere le loro scelte di fede in Dio.

La fede infatti rende graditi a Dio.

Lo è stato per i ventidue martiri.

La fede è stata la motivazione principale della loro esistenza: erano catechisti e catechiste, suore e preti, laici e religiosi.

Il martirio non è stato per loro una fatalità, dal momento che essi sono partiti per la missione sapendo il rischio che correvano.

Partiti da un mondo segnato dal peccato, essi hanno lavato le loro vesti bianche nel sangue dell’Agnello immolato Gesù Cristo Signore e Salvatore.

La testimonianza di don Josè Bergesio è stata a questo proposito eloquente.

In tante occasioni egli ha affrontato il rischio consapevole di soccombere, nell’intento di sostenere le istanze di giustizia che lo Spirito della profezia ha fatto sgorgare in lui e nel cuore di coloro che lo hanno affiancato.

Tuttavia per ragioni che solo Dio conosce è successo che “uno è stato preso e l’altro lasciato”.

Là dove un uomo o una donna hanno subito il martirio, altri sono sopravvissuti.

Per poter raccontare a noi quello che Dio ha fatto per loro! Per questo dovremmo anche noi come cristiani considerare con attenzione le vite dei martiri e farle diventare “segni sacramentali” della nostra vita di fede.

Anche noi infatti siamo e saremo chiamati a testimoniare le vittorie contro il peccato e la morte.

Non sappiamo quando, non sappiamo dove e non sappiamo se… ma sappiamo il perché!

Esso è nascosto nel mistero della vita di Cristo.

Gesù infatti ha preso sulle sue spalle uomini, donne e bambini e ci ha portati con lui fino sul legno della Croce.

Ci ha perdonati i peccati e iniziati alla vita di fede.

Come nella storia di San Cristoforo si racconta di quel giovane che prese sulle sue spalle possenti “quel bambino” convinto di poterlo portare con facilità sull’altra riva del fiume, anche noi, prendendo in braccio altri bambini, ci meraviglieremo del loro peso e in qualche istante della traversata sentiremo venir meno le forze e chiederemo aiuto a Dio la forza affinché ci sia facilitata l’impresa.

Essere discepoli di Gesù infatti è seguire un capitano coraggioso ed esigente su un cammino precario e insidioso.

Centro Missionario Diocesano

Redazione Web