L’11 ottobre 2022 accadde un fatto oltremodo violento ai danni di un’insegnante: uno studente porta a scuola una pistola ad aria compressa e decide di usarla contro una sua professoressa, colpendola al volto due volte, mentre un terzo compagno filmava per postare immediatamente la malefatta sui social; altri due studenti risultano coinvolti nella vicenda. In quella scuola di Rovigo l’insegnante viene spostata in un’altra classe, i giovani coinvolti non vengono sospesi e alla fine dell’anno ricevono pure 9 in condotta e la media dell’8 in tutte le materie, col benestare del corpo docente e del Dirigente Scolastico. Se fossi una extraterrestre potrei avere il dubbio – davanti a questi risultati scolastici – che la persona che ha commesso un reato sia la docente che, invece, ha subito la violenza e che il concetto che ho del voto di condotta sia in qualche modo sballato.

Il Decreto Legge 171 del 25/10/2010 definisce chiaramente i concetti di coscienza civile, rispetto dei diritti altrui, che la valutazione del comportamento con voto inferiore a sei decimi il Consiglio di classe lo valuta per chi sia incorso in almeno un provvedimento disciplinare che comporti la sospensione dalle lezioni o sanzione più grave e che, qualora il voto sia di 6 decimi o meno concorre alla valutazione della non ammissione al successivo anno di corso o all’esame finale. Se andiamo poi a leggere la griglia annessa a quel Decreto Legge, il voto 9 afferisce ad un comportamento interpersonale “equilibrato, corretto e positivo nel rapporto con i compagni e con il personale scolastico”.

C’è qualcosa che stona in tutto questo; stonano gli stessi voti dati a studenti ineccepibili nel comportamento, i voti bassi ed i giudizi pessimi di chi ha difficoltà negli apprendimenti (che però cerca di mettercela tutta e che si ritrova sempre a fare uno sforzo immane per arrivare ad un agognato 6, non in condotta ma nel rendimento scolastico); stonano le voci, le metodologie didattiche di tutti quegli insegnanti che stimolano gli allievi ad una coscienza critica, che formano per una levatura umana e morale dell’essere umano; stonano gli sforzi dei tanti genitori che faticano a trasmettere valori centrati sulla solidarietà e sul rispetto.

Una scuola che avalla ogni tipo di comportamento a favore del rendimento scolastico è una scuola che rischia di sfornare persone ignobili, che permette la costruzione di un pensiero fatto di superiorità e disprezzo per l’altro. È una scuola che fa propria la filosofia del bullismo, che è in grado di sottomettere e di deridere chiunque. La professoressa presa di mira deve ancora oggi difendersi da una violenza e da un oltraggio che è stato perpetrato più volte, prima dagli studenti, poi dal corpo docente e dalla dirigenza. Poco importa se ora, il Ministro Valditara ha fatto ridimensionare le valutazioni date. Anzi, resta grave il fatto che ha dovuto muoversi addirittura il Ministro per raddrizzare una situazione andata completamente storta con i voti di fine anno dei “bulli” di turno.

Esprimiamo pure, è giusto, la nostra solidarietà alla professoressa, ma chiediamoci: noi, genitori e familiari, desideriamo che sia questo il tipo di scuola per i nostri ragazzi? Desideriamo che sia questo il messaggio su cui si struttura la loro mente? Che la scuola non sia luogo di accoglienza, di educazione e di formazione ma del più bravo in quella materia a discapito di tutti gli altri che si impegnano? Desideriamo veramente una scuola che abdica totalmente alla formazione umana? Queste e altre domande dobbiamo porci e trovare delle risposte.