Nell’androne in prossimità della Porta Regia del Santuario di Oropa, dal 1937 campeggia una lapide sulla quale si può leggere: “Nell’estate del 1894 dall’alta montagna d’Oropa contemplando il Biellese pensai che l’uomo potesse trovare nello spazio nuove energie, nuove risorse e nuovi mezzi di comunicazione. Guglielmo Marconi”.
L’occasione per delineare il profilo di Guglielmo Marconi avviene nei giorni in cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), di cui egli fu presidente dal 1927 al 1937, compie cento anni. Fu istituito come ente morale con Regio Decreto del 18 novembre 1923. L’Ente, sotto la vigilanza del Mini-stero dell’Università e della Ricerca, ancora oggi ha la finalità di realizzare progetti di ricerca in molteplici settori delle scienze sperimentali e umane.
La lapide di Oropa ricorda la visita di Guglielmo Mar-coni al Santuario che fu fonte di ispirazione per gli studi e gli esperimenti che egli stava compiendo in quel periodo, ovvero la trasmissione senza fili di segnali elettrici da un punto all’altro del globo terrestre. Di questa suggestione ne parlò anche con Giuseppe Deabate (San Germano Vercellese, 31 gennaio 1857 – Torino, 15 marzo 1928), poeta e redattore della Gazzetta del Popolo che nel 1922 pubblicò il “Canto d’Oropa” e che conobbe durante la visita al Santuario.
La data riportata nell’iscrizione risulta sulla lapide è però errata: in un’intervista rilasciata nel 1899 ad un giornale londinese, Marconi precisò che “l’idea della comunicazione telegrafica per mezzo di questa forza e senza fili metallici mi venne più tardi nell’estate del 1895 mentre mi trovavo ai Bagni di Andorno”.
La visita al Santuario Mariano avvenne pertanto nel periodo in cui egli soggiornava presso lo Stabilimento di cure idroterapiche Vinaj di Andorno Bagni. Nella seconda metà dell’Ottocento, infatti, nacquero nella zona diversi stabilimenti idroterapici (oltre che ad Andorno, ve ne erano a Oropa, a Graglia, a Cossila, a Biella Piazzo e in Canavese a Borgofranco d’Ivrea) frequentati da ospiti illustri, fra i quali Giosuè Carducci, Eleonora Duse e i Principi di Casa Savoia, e dove si praticavano cure di alcuni tipi di malattie fisiche e psicosomatiche attraverso l’utilizzo delle acque. Ma la presenza di Guglielmo Marconi nel territorio biellese non era dettata da casualità: c’era infatti un filo conduttore che legava l’insigne scienziato alla provincia di Biella, grazie al forte legame personale e scientifico con il suo “maestro in discipline elettriche”, il professor Vincenzo Rosa che Marconi andò più volte a trovare nella sua dimora di Candelo.
Guglielmo Marconi nacque a Bologna il 25 aprile 1874 a Palazzo Marescalchi, in via IV Novembre 7, da Giuseppe, un facoltoso proprietario terriero che era al suo secondo matrimonio; vedovo con un figlio avuto dalla prima moglie, conobbe Anna Jameson, nipote del fondatore della distilleria Jameson & Sons e la sposò a Boulogne-sur-Mer il 16 aprile 1864. Insieme ebbero due figli, Guglielmo e il loro primogenito Alfonso, nato nel 1865. Trascorse l’infanzia a villa Griffone, vicino Pontecchio, nel comune di Sasso Marconi, proprio dove nel 1895 fece il suo primo esperimento di trasmissione radio.
In seguito, la vita familiare fu contrassegnata da frequenti spostamenti, dapprima in Inghilterra a Bedford, successivamente in Toscana e ciò condizionò il percorso formativo di Guglielmo. In quegli anni maturò il forte interesse per l’elettrologia che lo rese insofferente nei confronti degli studi regolari.
Il bagaglio di nozioni tecniche e scientifiche di Guglielmo Marconi non fu accumulato in modo autonomo, ma richiese un’impostazione sistematica che gli fu offerta dal Professor Vincenzo Rosa. Lo conobbe a Livorno, dove Anna Jameson e i figli si recavano durante le vacanze estive e dove rimasero per l’intero periodo tra l’autunno del 1891 e l’autunno del 1892. Guglielmo, allora diciassettenne, iniziò a frequentare un istituto tecnico privato dove si appassionò alle lezioni di matematica tenute dal Professor Giotto Bizzarrini. Volendo assecondarne la passione per i fenomeni fisici, la madre si fece indicare un insegnante di matematica e fisica che potesse dare lezioni private al figlio: così le fu consigliato il Professor Vincenzo Rosa, allora titolare degli insegnamenti presso il Liceo “Niccolini” di Livorno.
Era nato a Torino l’11 giugno 1848 da Giovanni, di professione muratore capomastro, e da Anna Lumelli, sarta, originari di Callabiana. Fu battezzato il giorno successivo nella Chiesa della Madonna del Pilone e gli furono imposti i nomi Vincenzo Emanuele Gaspare Luigi Maria. Conseguì la laurea in Fisica Matematica nel 1877 presso la Scuola di Applicazione di Torino, l’attuale Politecnico. In seguito, superò gli esami per l’abilitazione all’insegnamento superiore, entrò nei ruoli del Ministero della Pubblica Istruzione il 1° dicembre 1877 ed iniziò la carriera di insegnante, inizialmente presso il Liceo “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria e poi, dopo un incarico presso l’Istituto di Fisica di Firenze, presso il Liceo “Repetti” di Massa Carrara, il Liceo “Romagnosi” di Parma e il Liceo “Ruggero VII” di Caltanissetta.
Il 17 gennaio 1884, mentre insegnava a Massa Carrara, sposò Aurelia Pozzo, originaria di Candelo, con la quale ebbe tre figli, Agostino, Massimino e Carlotta. Rosa arrivò per trasferimento al Liceo “Niccolini” di Livorno nell’autunno del 1888, nello stesso anno della morte del padre barnabita Pietro Monte di Tonengo Canavese, anch’egli insegnante di matematica e fisica in quello stesso liceo, nonché fondatore dell’osservatorio meteorologico della città (vedi il Risveglio Popolare del 5 ottobre 2023); fu anche collega di Giovanni Pascoli, insegnante di lingue classiche. Rosa vi rimase fino al 1892, quando si trasferì al Liceo “Plana” di Alessandria fino al raggiungimento della pensione nel 1898.
Pubblicò anche alcuni contributi scientifici a stampa: uno di questi, “Descrizione di un orologio regolatore elettrico con scappamento a nottolini liberi”, ebbe una favorevole recensione da parte di Galileo Ferraris, (Livorno Vercellese, 30 ottobre 1847 -Torino, 7 febbraio 1897) – il maestro di Camillo Olivetti e padre del motore asincrono a campo magnetico rotante – con il quale si instaurò, lungo tutto l’arco della vita, un legame di reciproca stima. Il prototipo del dispositivo fu inviato a Como nel maggio 1899 per l’allestimento della prima Esposizione Voltiana in occasione del centenario della realizzazione della pila elettrica. Vincenzo Rosa non fu pertanto solo un didatta, ma un abile sperimentatore e “abilissimo congegnatore di apparecchi elettrotecnici”.
Durante il periodo livornese, Marconi frequentò la casa del Rosa per svolgere lezioni di fisica sperimentale e di elettrotecnica ed esercitazioni pratiche, in quanto egli disponeva di un laboratorio privato di elettrotecnica e di meccanica, dotato anche di un tornio a pedale per la costruzione di strumenti. Aumentata la confidenza, Marconi fu ammesso nel gabinetto di Fisica del Liceo “Niccolini”, ove aiutava il Rosa a preparare le lezioni. Queste esperienze gli permisero di affinare competenze quali l’effettuazione di misure elettriche, le tecniche di saldatura, la costruzione di parti meccaniche e la realizzazione di pile; competenze che furono fondamentali per portarlo a brevettare, nel 1897, il sistema di telegrafia senza fili.
A tali studi Marconi affiancò un’intensa attività da autodidatta, orientata esclusivamente verso l’elettrotecnica: lesse i resoconti delle esperienze di Heinrich Hertz, studiò le memorie di Augusto Righi e tra il 1894 e il 1895 frequentò più volte il suo laboratorio e la Biblioteca Universitaria di Bologna.
Vincenzo Rosa morì a Candelo il 24 agosto 1908. Non fece in tempo ad assistere alla consacrazione di Guglielmo Marconi il quale, il 10 dicembre 1909 fu insignito del Premio Nobel per la fisica, insieme a Carl Ferdinand Braun, per il “contributo dato allo sviluppo della telegrafia senza fili”, anche in conseguenza dell’avvenuto salvataggio, grazie all’invio di un segnale CQD di radio soccorso, degli oltre 1700 passeggeri del transatlantico Republic che stava affondando dopo essere stato speronato dal piroscafo Florida nel gennaio di quello stesso anno.
Marconi espresse il sentimento di gratitudine e di riconoscenza verso il suo primo maestro, citandolo nel discorso che tenne davanti all’Acca-demia di Svezia: “Nel delineare la storia del mio sodalizio con la radiotelegrafia, potrei dire che non ho mai studiato fisica o elettrotecnica in modo regolare, sebbene da ragazzo fossi profondamente interessato a quelle materie. Frequentai comunque un corso di lezioni di Fisica col compianto Professor Rosa a Livorno”.