“Il Signore rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito” (Dt. 10, 18). Fulcro della narrazione evangelica della XXXII domenica per annum (Mc. 12, 38-44) è una vedova povera, o, più precisamente, il gesto che compie, donando gli ultimi spiccioli che le rimangono. Un gesto eloquente, icona di generosità, ambientato nel cuore pulsante della vita di Israele: il Tempio di Gerusalemme, “il monte Sion, che Egli ama” (Sal. 78, 68), prefigurazione di quello definitivo, legato al compimento del mistero della morte e risurrezione di Cristo.

“Una vedova povera, vi gettò due monetine” (v. 42). È importante sottolineare un aspetto di questo racconto: la vedova ha compiuto un movimento verso il tesoro, a differenza di tutti gli altri personaggi citati. Dei ricchi, narrati nei versetti precedenti, non viene descritto il cammino, quasi a sottolinearne il gesto ripetitivo e abituale.

Una vedova: nel greco antico (kera) come nell’ebraico (almanà) identifica una condizione di solitudine e di privazione di protezione, uno svuotamento di tutta la persona, un divenire “povero in spirito” (Mt. 5, 3), riponendo in Dio tutta la fiducia. È l’immagine della Chiesa che, come i “Magi, usciti dalla Persia, si mette in cammino per cercare il vero Tesoro sorto per il mondo” (Crisostomo, Om. 4), donando tutto per il Tutto, mostrando il giusto atteggiamento del discepolo per cui: “niente è piccolo di ciò che si offre a Dio, anche se fosse il minimo” (Gregorio Nazianzo, Or. 19).

“Guardatevi dagli scribi… Divorano le case delle vedove” (v. 38.40). L’ammonizione di Cristo è verso il “popolo che mi onora con le labbra, ma il cuore è lontano da me” (Is. 29, 13), verso tutti coloro che sostituiscono Dio con il proprio io, con una devozione superficiale e legata all’apparenza, perdendo il senso autentico della fede. “È questo”, denunciava già Papa Benedetto XVI, “un grave rischio di ogni religione, che Gesù ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può verificare anche nella cristianità attuale” (2/09/2012). Come ricorda Papa Francesco “questa è una tentazione che corrisponde alla superbia umana e che non è sempre facile vincere. È l’atteggiamento di vivere solo per l’apparenza” (5/11/2017).

Offrire con larghezza e fiducia, sapendo che Dio chiede a ciascuno la libera adesione di fede, che si esprime nell’amore per Lui e per il prossimo, visto che, “nessuno dà ciò che ha di più caro a chi non l’ama. Dio quindi non cerca che l’amore, senza il quale non è tenuto a dare nulla. Dagli dunque l’amore e otterrai il regno: ama ed avrai” (Anselmo d’Aosta, Lettere, 112).

Mc 12,38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».