(Nell’illustrazione di apertura, Santa Ester – XV dei Libri Storici)
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( elisabette acide ) – “Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate” (Is 58)
La liturgia del giorno 8 marzo propone le letture
( Is 58, 9-14; Sal.85; Lc 5, 27-32.),
la prima tratta dal testo di Isaia e, forse, parlando di “donne”, non è fuori luogo partire da qui.
Come Isaia si rivolgeva a quel popolo in esilio, così oggi, il pensiero deve andare a tutte le donne, che sono “riparatrici di brecce”, “restauratrici di strade”, che ogni giorno testimoniano la loro “cittadinanza nella Chiesa” con presenza, impegno, testimonianza, che cercano di riaprire canali comunicativi per eliminare ciò che intralcia il rapporto con gli altri, perché le “strade” siano “popolate” e quelle “brecce” siano “fori di luce”.
Era il 1995 e San Giovanni Paolo II, come pontefice, indirizzava una lettera alle donne in occasione della IV Conferenza Mondiale sulla Donna indetta dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite, che si teneva a Pechino nel mese di settembre: “Anche la Chiesa intende offrire il suo contributo a difesa della dignità, del ruolo e dei diritti delle donne, non solo attraverso lo specifico apporto della Delegazione ufficiale della Santa Sede ai lavori di Pechino, ma anche parlando direttamente al cuore e alla mente di tutte le donne”.
E proseguiva: “Il punto di partenza di questo ideale dialogo non può che essere il grazie. La Chiesa – scrivevo nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem – “desidera ringraziare la santissima Trinità per il “mistero della donna”, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l’eterna misura della sua dignità femminile, per le “grandi opere di Dio” che nella storia delle generazioni umane si sono compiute in lei e per mezzo di lei” (n. 31).Il grazie al Signore per il suo disegno sulla vocazione e la missione delle donna nel mondo, diventa anche un concreto e diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità. Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.”
E raccontando la donna madre, sposa, consacrata, sorella, lavoratrice, esortava la Chiesa: “si traduca per tutta la Chiesa in un impegno di rinnovata fedeltà all’ispirazione evangelica, che proprio sul tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di dominio, ha un messaggio di perenne attualità, sgorgante dall’atteggiamento stesso di Cristo. Egli, superando i canoni vigenti nella cultura del suo tempo, ebbe nei confronti delle donne un atteggiamento di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza. Onorava così nella donna la dignità che essa ha da sempre nel progetto e nell’amore di Dio.”
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“Non si vede bene che con il cuore…” e serve davvero il cuore per “vedere” questa giornata: 8 marzo.
Immediatamente alla mente sovviene la ricorrenza della giornata internazionale dedicata alla donna, alle donne.
Istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1977, la data rimanda a quel 1908 a Chicago, anche se la prima giornata “ufficiale” della donna “Woman’s Day” nasce negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909.
Come non ricordare quel “pane e pace” di San Pietroburgo, in quell’ 8 marzo 1917 o quell’ 8 marzo 1946 in cui l’Italia si è colorò di “mimosa”.
In Italia la prima Festa della Donna si celebrò nel 1922.
Nel 1977, con una risoluzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, fu istituita la Giornata internazionale dei diritti della donna, che costituisce un appuntamento importante per riflettere sulla strada percorsa e guardare al futuro, con un approccio “integrale”, che deve interpellare tutti, in ogni ambito della vita.
“La Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna… La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del “genio” femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tutti i frutti della santità femminile”(n. 31).
Papa Francesco ha consegnato la sua riflessione sulla donna nel libro “sei unica”
proprio all’ unicità della donna e con parole piene di speranza afferma parlando della donna e del suo ruolo nella Chiesa: “Chi è la donna e chi è la Chiesa. La Chiesa è donna, non è il Chiesa, è la Chiesa”, aggiungendo in modo spontaneo, rispondendo alle domande di una studentessa. “La Chiesa è il popolo di Dio, non un’azienda multinazionale”.
E la donna, “è figlia, sorella, madre”.
Sono “relazioni” che esprimono il nostro essere a immagine di Dio, “uomo e donna, insieme, non separatamente”.
Dunque “persone, non individui”, chiamati “fin dal principio ad amare ed essere amati”.
Da qui viene il loro ruolo nella società e nella Chiesa” (discorso all’ Université Catholique de Louvain).
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Mi piace ricordare Papa Benedetto XVI che sottolineava come “molte figure femminili che hanno svolto un effettivo e prezioso ruolo nella diffusione del Vangelo. La loro testimonianza non può essere dimenticata, conformemente a quanto Gesù stesso ebbe a dire della donna che gli unse il capo poco prima della Passione: «In verità vi dico, dovunque sarà predicato questo vangelo nel mondo intero, sarà detto anche ciò che costei ha fatto, in memoria di lei” (Mt 26,13; Mc 14,9).
Il Signore vuole che questi testimoni del Vangelo, queste figure che hanno dato un contributo affinchè crescesse la fede in Lui, siano conosciute e la loro memoria sia viva nella Chiesa.
“Possiamo storicamente distinguere il ruolo delle donne nel Cristianesimo primitivo, durante la vita terrena di Gesù e durante le vicende della prima generazione cristiana.” (Udienza Generale del 14 febbraio 2007: Le donne a servizio del Vangelo | Benedetto XVI).
Ed ancora Benedetto XVI ci ha regalato pensieri profondi che ci aiutano, con coraggio, a “guardare” ad ogni donna ed a promuovere sempre la dignità della donna in quanto persona. Pensiero che ci fanno “guardare” la donna come deve essere guardata: con lo sguardo di Dio.
Nel suo libro Pensieri sulla donna, Libreria Editrice Vaticana, 2012 “Non ci si può illudere che la pace sia assicurata finché non siano superate anche queste forme di discriminazione, che ledono la dignità personale, inscritta dal Creatore in ogni essere umano” (Pensiero 9. Uguaglianza uomo-donna: fonte di pace).
“Nella premura e nell’amore delle donne si preannunzia già il mattino della risurrezione”(Pensiero 19, Gesù di Nazaret, II, pp. 245-255).
“Tutti i poteri della violenza del mondo sembrano invincibili, ma Maria ci dice che non sono invincibili. La Donna è più forte perché Dio è più forte. Certo in confronto con il drago, così armato, questa Donna che è Maria, che è la Chiesa, appare indifesa, vulnerabile. E realmente Dio è vulnerabile nel mondo, perché è Amore e l’amore è vulnerabile. E tuttavia vince l’amore e non l’odio, vince alla fine la pace. Questa è la grande consolazione” (Pensiero 53, Omelia 15. VIII.06).
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E in quel loro “stare” sotto la croce, in quel loro “andare” al sepolcro, in quel loro correre dagli apostoli, il Papa ci ricorda la bellezza dell’ essere donne presenti ed operanti nella vita e per la vita, nell’ essere profondità e bellezza dell’ immagine di Dio.
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E in questo sinodo sulla sinodalità, la Chiesa percorre proprio quelle “strade” profetiche annunciate dal profeta Isaia l’ essere donne nella Chiesa per “essere” e “stare” con i carismi propri, con i doni ricevuti, non come “collaboratrici” ma “corresponsabili”, promotrici della missione della prossimità, della promozione della comunità, non “comparse”, ma Donne “in uscita”, cooperanti creative,presenti , “guardate” e “chiamate”.
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Siamo chiamati alla “conversione”, non nominale, ma come responsabilità di tutti e voglio citare la frase che credo possa riassumere il cambiamento in atto:
“uomini e donne sono chiamati a una comunione caratterizzata da una corresponsabilità non competitiva, da incarnare a ogni livello della vita della Chiesa” (Relazione di Sintesi ottobre 2024). Voglio davvero credere a questa “conversione”, che penso possa riassumere ciò che san Paolo già affermava: “in Cristo donne e uomini sono rivestiti della medesima dignità battesimale e ricevono in ugual misura la varietà dei doni dello Spirito” (cfr. Gal 3,27-28).
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E la storia è costellata di esempi di donne che nella loro ordinaria straordinarietà, hanno “fatto la storia”, donne ricordate e donne “anonime”, esempi di coraggio e di dedizione, di libertà e di civiltà, che sono “voce” e che “danno voce”.
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Siamo uomini e donne di speranza che credono che in Gesù la Parola si fece carne, ossia realtà concreta, visibile e tangibile e tutti siamo “chiamati”, tutti siamo “re, profeti, sacerdoti”, corresponsabili e cooperatori ( non è il caso declinare al femminile le parole).
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E allora a tutte le donne l’augurio che Pio XII rivolse nel radiomessaggio del 14 ottobre 1956:
“Alle donne, è affidato l’avvenire del mondo”, ed alla Chiesa, ricordiamo le parole di Giovanni Paolo I del 1978:
“Ci hai abbandonati, o Signore, ci hai dimenticati!”. “No! – ha risposto Dio per mezzo di Isaia profeta – Può forse una mamma dimenticare il proprio bambino? Ma anche se succedesse, mai Dio dimenticherà il suo popolo”. Anche noi che siamo qui, abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E’ papà; più ancora è madre” (Angelus del 10 settembre 1978).