Ci ha lasciati un anno fa, a conclusione di una lunga vita da protagonista, Rodolfo Venditti, un grande eporediese, magistrato e docente universitario, che sarà qui ricordato soprattutto per la sua profonda e condivisa passione musicale. Anche lui era andato da adolescente al Botta, come si racconta in quel simpatico libro di memorie e contributi – “Il liceo classico di Ivrea dall’ancien régime alla sperimentazione” (Priuli & Verlucca) – ed erano stati quelli forse gli anni più difficili, dal 1940 al 1943, poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia e fino alla vigilia del fatidico 25 luglio che porterà di fatto, dopo una sanguinosa guerra civile, alla fine del ventennio fascista.

In quelle pagine, il magistrato si soffermava con riconoscenza sulle figure dei docenti che orientarono il suo indirizzo “umanistico”, il gusto delle lettere e dell’arte, perché proprio in quel percorso di studi si formò la sua scelta verso il mondo delle leggi, e in particolare per il fondamentale tema della giustizia, inteso come “servizio all’uomo”. E come in accordo e accanto al liceo, ci fu per Rodolfo Venditti anche un’altra “scuola”, quella dell’Azione Cattolica che incontrò nelle figure del sacerdote Mario Vesco e del professor Giovanni Getto. Fu naturalmente, alla luce di quei vissuti valori cristiani, che maturò nel giovane Venditti un convinto sentimento pacifista: allergico, per natura – come ricorda – alle parate militari, alle divise, ai moschetti, ai riti di bellicosità che erano tipici del regime fascista.

Il futuro magistrato scopre invece il Vangelo come la nuova “Magna Charta” di un tipo di comunità fondata sulla fraternità e sull’amore, “radicalmente diversa dalla società in cui vivevamo, fondata invece sulla violenza, sulla sopraffazione, sulla negazione dei valori della coscienza e della libertà”. E fu certamente in sintonia con quei valori umanistici che si sviluppò nel cristiano Rodolfo Venditti la “vocazione” per la settima arte, una passione di famiglia, coltivata fin da ragazzo, quando aveva iniziato con la madre lo studio del pianoforte, mentre la sorella Annamaria diventerà un’affermata soprano.

Quella passione musicale, coltivata in seguito soprattutto con lo studio del violino, si esprimerà negli anni anche in una contagiosa missione quasi “pedagogica” di condivisione per chi ebbe la fortuna di ascoltarlo parlare dei suoi compositori preferiti e in seguito per quanti leggeranno la sua “Piccola guida alla grande musica”: che, in realtà, tanto piccola proprio non è, perché si compone di ben dieci volumetti, pubblicati dalle Edizioni Sonda. Spaziando dal canto gregoriano a Gershwin e Rachmaninov, tutti i grandi compositori (Vivaldi, Bach, Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann, Chopin, Paganini, Brahms, Mahler, Bruckner, Debussy…) vengono presentati con una cordialità e una vivacità comunicativa che trasmettono anche al lettore più “profano” il desiderio di accostarli.

Una tale passione musicale, alimentata da tante letture e condivisa in tanti incontri e lezioni anche in varie università della Terza Età, si era negli ultimi tempi approfondita per mettere ancora più in luce la relazione tra quelle opere dei grandi artisti e il proprio vissuto sentimento religioso; e ne scaturì infine ancora un bel libro, “Ascoltare l’Assoluto” (Effatà Editrice; la terza edizione, riveduta e ampliata, è del 2010), in cui l’autore mostra come il cristianesimo e il suo kérigma (parola greca che indica il nucleo del messaggio evangelico) abbiano fecondato la cultura occidentale e in particolare le grandi menti musicali della storia umana. Monsignor Gianfranco Ravasi scrisse allora che quel libro era esemplare tra quelli che trattano dell’intreccio tra due linguaggi “fraterni”, il musicale e il teologico.

Nella sua lunga vita, Rodolfo Venditti si è dedicato all’ascolto di quell’ “Assoluto”, e in molte occasioni ha voluto condividere, soprattutto con i giovani, le proprie emozioni di fronte ai grandi capolavori dell’arte musicale. I compositori su cui Venditti concentra la sua riflessione in questo volume sono, dopo le pagine sulla millenaria stagione del canto gregoriano, il “teologo” Johann Sebastian Bach, Händel, Vivaldi, Haydn, Schubert (di cui si esalta la “divina bellezza” dell’Et incarnatus est nella grande Messa D. 950), Mendelssohn, Mahler (con un partecipe commento sul Veni Creator Spiritus dell’ottava sinfonia), Olivier Messiaen che rilanciò l’annuncio del Cristo e del suo messaggio di amore fin nel cuore del ‘900. Le tante pagine che Venditti dedica poi alla vita e all’arte di Beethoven mostrano come in quel catalogo immortale ebbe un posto di rilievo (spesso trascurato dalle biografie) proprio la musica sacra, dal “Cristo sul Monte degli Ulivi” alla grande Messa solenne op. 123, che Venditti commenta per un intero capitolo, ricordando anche le parole con cui il “titano della musica” definì quell’opera monumentale (“la creazione più felice del mio spirito”) che aveva occupato quasi cinque anni del proprio lavoro. Lo stesso compositore confidava, in una lettera all’amico Andrea Streicher: “Nel lavorare a questa grande Messa la mia intenzione principale era di destare dei sentimenti religiosi tanto in chi canta quanto in chi ascolta”. E lo aveva scritto, con accenti appassionati, anche sulla partitura: “Dal cuore, possa di nuovo andare ai cuori”.

Nelle tante pagine dedicate al suo amato Beethoven, Venditti accompagna il lettore e potenziale ascoltatore sia della grandiosa Messa (la Missa solemnis op. 123) sia dell’immortale ultima sinfonia, commentando sempre da appassionato anche il “messaggio” che scopre in quelle opere. Così come, nel finale “Inno alla gioia” che conclude la “Nona”, Venditti mette in luce quel nuovo tipo di “eroe” che l’“illuminista” Beethoven identificava con colui che, spendendo le proprie energie per promuovere i diritti universali e per costruire nella giustizia l’unità della “famiglia umana”, contribuisce alla costruzione di una nuova “armonia sociale”. Proprio come ha fatto nella propria vita il magistrato musicologo Rodolfo Venditti.