Ricorreva il 10 ottobre scorso la giornata mondiale della salute mentale e l’occasione per fare una riflessione su questo tema ce lo offre la Società Italiana di Psichiatria (Sip), che denuncia un aumento del 30% delle diagnosi di disturbo mentale nell’ultimo triennio a fronte di una continua mancanza di risorse e di fondi a sostegno dei Servizi di salute mentale pubblici. Il Ministero della Salute ha istituito un tavolo tecnico sulla salute mentale al fine di monitorare, intercettare e curare il disagio mentale nelle categorie più a rischio come i giovani, le donne, gli anziani, le persone afferenti dai ceti sociali più svantaggiati ed i disoccupati.
L’esperienza del Covid ha sottolineato la necessità di servizi di prossimità per permettere a tutti di accedere ai servizi di diagnosi e cura, e capaci anche di mantenere la persona all’interno del proprio contesto comunitario, ed il bisogno di attuare delle politiche e delle progettazioni in merito alla psichiatria territoriale sono stati spesso proposti da tutti quei professionisti della salute mentale preoccupati di offrire alla persona un intervento globale e non limitato alla sola prescrizione farmacologica.
Il Covid è stato però anche il catalizzatore degli effetti della mancanza di sostegno, prevenzione ed intervento sulle condizioni di fragilità e ora, seppur terminata la fase pandemica, con la crisi economica ed i conflitti internazionali in atto, sono andati ad aumentare esponenzialmente le condizioni di dipendenza tanto da sostanze che tecnologica, il ricorso a modalità di comportamento aggressive, comportamenti vandalici e antisociali, le condizioni di depressione, il disagio mentale.
La povertà di servizi ha aumentato anche l’aggressività nei confronti dei medici e del personale dei servizi sanitari, verso i quali si riversa il risentimento e la rabbia di non sentirsi accolti e protetti e, secondo i numeri desunti dalla Sip, entro il 2025 mancheranno all’interno di tutti i servizi circa mille psichiatri.
I servizi di salute mentale e tutto quello che ruota intorno al disagio psicologico non mancano però solo di psichiatri: mancano anche di equipe multidisciplinari in grado di poter dare una risposta globale e dignitosa alla sofferenza psichica. Mancano posti letto per la gestione delle emergenze psichiatriche, sia quelle ad esordio precoce (che riguardano soprattutto gli adolescenti) sia nelle situazioni di patologia mentale conclamata ed in fase di recrudescenza.
Le equipe multidisciplinari hanno la forza di poter sviluppare quegli interventi di prevenzione, in collaborazione con gli istituti scolastici, con altri servizi del territorio anche del terzo settore per la promozione di quei comportamenti utili al benessere psicologico, alla possibilità di garantire un ascolto profondo e professionale di tutte quelle criticità iniziali che possono beneficiare di un intervento mirato, immediato e qualificato.
La salute mentale non è appannaggio dell’esclusivo lavoro di alcuni servizi o di alcuni operatori. La salute mentale ha bisogno di reti sociali, di protocolli d’intesa con il mondo del lavoro, con il volontariato, con la società tutta, con la possibilità di interventi che dal singolo (colui che esprime il disagio mentale) possa espandersi alla famiglia d’origine o di nuova costruzione, ma anche al contesto in cui la persona è inserita affinché quel percorso di cura e di progettazione di una vita con il massimo della qualità possa essere realmente messo in essere.
Di salute mentale non si può parlare solo quando casi di cronaca diventano di interesse dei mass media: dovremmo avere a cuore la salute mentale tanto quanto abbiamo a cuore la salute del corpo, il benessere vero può essere solo quello che coniuga un equilibrio tra mente e corpo ed oggi, grazie a tante conoscenze sul funzionamento della mente, si possono realizzare facilmente percorsi virtuosi tendenti a garantire una vita dignitosa, coinvolta pienamente nel contesto sociale e con la possibilità di essere risorsa per gli altri e promotrice di una garanzia ed una protezione per tutti.