Le serate televisive e le pagine di riviste e giornali sono dominate dalle esibizioni non solo canore, ma anche di lettura, danza, sfoggio di abiti firmati e di gioielli, baci vari, denunce, proclami politici e identitari, appelli, educazione civica e costituzionale, satira e comicità, che si svolgono nella città famosa per la sua specifica triade.
Sanremo è conosciuta in Italia e nel mondo per tre indivisibili, ma distinte realtà: il festival della canzone italiana, appunto, i suoi fiori e la corsa in linea più lunga del mondo, la classicissima del ciclismo di primavera che parte da Milano e si conclude, dopo la famosa salita del Poggio, nella città ligure. Ma San Remo nell’agiografia cattolica non esiste. Il patrono di Sanremo è San Romolo.

L’accoppiamento Remo-Romolo non ha nulla a che fare con i due mitici fondatori di Roma, quanto con una storia particolare. Nel V secolo, il futuro San Romolo, prima della nomina a vescovo di Genova, visse da eremita nei boschi sulle falde del monte Brignone, nella grotta poi detta Bauma, predicando il vangelo e fuggendo dai Longobardi ariani che perseguitavano i cattolici osservanti. Anche dopo il trasferimento a Genova, Romolo fu legato alle sue origini e in una delle sue frequenti visite, morì, proprio nella grotta Bauma, da dove con le sue preghiere tante volte aveva protetto il popolo da epidemie, pirati e invasori. Qui nasce la devozione e il nome della città.

Infatti, Romolo è pronunciato nel dialetto ligure con una contrazione che ne rende la pronuncia simile a Remo. Così la città divenne San Remo. Ci furono decenni di polemiche sul fatto che nel 1928 la Gazzetta Ufficiale avesse stabilito il nome riconosciuto: San Remo staccato. Ma oltre al fatto che il santo in questione non esisteva, la comunità locale voleva il nome unito. Solo nel 1992 fu finalmente ufficializzato, chiarendo che si trattava di evoluzione grafica e fonetica di San Romolo.

Come non esiste il santo, così a Dio è negato il diritto di presenza al Festival, dove domina un amore, con la lettera minuscola, fonte solo di tormento, rimpianto, depressione, confuso con il sesso, a sua volta “liquido”.

Ci manca Nilla Pizzi che vinse il primo festival! Chissà se Blanco, che ha aperto la “kermesse” prendendo a calci i fiori del palco, sa che Nilla vinse con l’indimenticabile “Grazie dei fior… son rose rosse e parlano d’Amor”.