(Cristina Terribili)

Sabato scorso, 19 marzo, era la festa del papà. Quella festa che pone sempre tanti dubbi nelle classi delle scuole materne ed elementari, la festa nella quale ci si domanda se vale la pena fare “un lavoretto” oppure lasciare correre, una ricorrenza che qualcuno dimentica ormai di festeggiare. Eppure il papà, il padre, comunque si presenti – forte, fragile, bello, brutto, buono, presente o assente – è figura fondamentale nella vita di ogni figlio; figura che è cambiata nel tempo e richiede una riflessione sulla sua evoluzione.

Se la mamma è sempre certa, e certo è il suo ruolo, il ruolo della donna nella società e nella famiglia è cambiato, e con esso è cambiato di conseguenza il ruolo dell’uomo-padre. Alla parità dei diritti è conseguito, molto lentamente ma fortunatamente, il riconoscimento dei diritti del padre non solo come fornitore di un sostentamento economico, ma soprattutto nel suo ruolo affettivo e per il contributo che offre nello sviluppo del bambino. E così quei padri che rimanevano fuori dalla porta quando la moglie partoriva sono stati coinvolti nella nascita, nei turni per l’allattamento, nelle attività sportive, nell’accompagnamento a scuola, a fare shopping, nel fare i compiti o nel preparare la cena e la tavola per tutti. Stravolgimento sostanziale, se volgiamo indietro lo sguardo a come sono stati i nostri padri per noi adulti di oggi, o i nostri nonni per i nostri genitori.

I congedi lavorativi per i padri, i sussidi e la conciliazione, hanno permesso ai padri di essere maggiormente tutelati nel carico della crescita dei figli e questo riconoscimento va a sicuro beneficio del bambino e dell’equilibrio del contesto madre, padre, figlio. Il padre ha l’opportunità di entrare in relazione con il figlio sin dalla nascita, ma ancora di più, va stimolata la sua partecipazione anche prima della nascita, facendolo intervenire alle ecografie, nei momenti in cui si danno informazioni sui temi di sviluppo del bambino nel grembo materno. In questo modo è favorita la possibilità che anche il papà “attenda” il bambino, che viva quella pancia e quella creatura in un grembo interiore, con il quale può entrare non solo in contatto, ma anche in empatia.

Aumentare le conoscenze e la consapevolezza paterna, favorire il “co-parenting”, cioè quella genitorialità responsiva e responsabile è un sicuro fattore protettivo per il bambino. L’evoluzione della figura paterna ancora non si è conclusa, ancora molto resta da fare per modificare, in tanti contesti, la cultura e gli stereotipi sui ruoli genitoriali, le politiche a sostegno delle famiglie, i servizi di assistenza per i bambini ma anche la formazione degli operatori sanitari che, nei diversi contesti possono favorire la partecipazione, il dialogo e permettere ad un padre di sentirsi dentro una storia che deve essere circolare e di fiducia, sia prima che dopo il parto.