(elisa moro) – Settembre, mese della vendemmia e del tramonto della stagione estiva, tempo di ripresa per le attività scolastiche e lavorative. È anche un mese attraversato da appuntamenti importanti sul piano spirituale, da numerose feste mariane, che come delle piccole perle, delineano la quotidianità, impreziosendola, ampliandone il suo sguardo.

Maria, vera donna e creatura e, al contempo, preservata dal Padre per il progetto della salvezza, per compiere il Suo disegno d’amore verso l’umanità, viene contemplata in momenti differenti: la fragilità del nascere, del “venire al mondo” (8 settembre – Natività di Maria); il ricevere un nome (12 settembre – Santo Nome di Maria); il contemplare l’immenso dolore del Figlio crocifisso, divenendo, sotto il patibolo, Madre di tutti gli uomini (15 settembre – Beata Vergine Addolorata).

Alla luce di queste tre feste, peraltro molto sentite anche a livello diocesano, dove molti santuari e chiese locali sono dedicati a Maria o alla sua Natività, occorre comprendere quale messaggio attuale esse possono trasmettere.

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“Chi è colei che vicina al Verbo Divino cresce come una pianta di vite appoggiata ad un grande albero” (Sant’Ambrogio, Predica 40).

Maria, limpida via che indica il mistero dell’Incarnazione del Figlio.

Una natività, quella della Vergine, che preannuncia, come stella mattutina, l’alba raggiante del Figlio, vero Sole che dissipa le tenebre del dubbio e le ombre della morte (cfr. Lc. 1, 78-79).

Onorando la nascita di Maria, creatura vera, ma “eletta da Dio per essere Madre di Cristo e resa idonea da subito per tale missione” (San Tommaso, Summa Theol. III), lo sguardo della fede è trasportato a contemplare già il “sì” che quella giovane donna pronuncerà all’Arcangelo Gabriele nella dimora di Nazareth, il “sì” da cui tutto ha avuto inizio – l’inizio degli inizi per dirla con un gioco di parole – e per cui “il mondo intero ha atteso la risposta in pianto, prostrato in ginocchio” (cfr. Omelie di San Bernardo, 4, 8-9).

Attraverso la nascita di Maria, come ricorda Sant’Andrea di Creta, vissuto tra il VII e l’VIII secolo, si contempla “il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto dal Verbo.

Questi rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana.

La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci viene elargito. La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio.

Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere “la Madre del Re dei secoli, di Dio” (Discorso I: PG 97, 806-807).

Questa importante e antica testimonianza ci porta al cuore della tematica su cui riflettete e che il Concilio Vaticano II volle già sottolineare nel titolo del Capitolo VIII della Costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen gentium”:

“La Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa”.

In Maria nascente, “monte in cui Dio si è compiaciuto per scegliere la Sua dimora” (San Giovanni Damasceno, Hom 1), si scorge quindi l’intima connessione, il “nexus mysteriorum”, tra la storia umana, che spesso prende deviazioni o storture, e quella di Dio, che ora bussa alla porta dell’umanità, scegliendosi una casa, prediligendo da sempre una creatura, destinata ad essere Madre del Messia, vero Dio, ma uomo nella carne.

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“Inni cantiam di giubilo al nome di Maria … Nome che all’uman genere del ciel aprì le porte, del regno della morte rimase vincitor” (Mons. Dalla Libera, canto in onore del Nome di Maria, 1936).

Nome di dolcezza, nome che spalanca il Cuore del Figlio

L’evangelista San Luca, nel racconto dell’Annunciazione, precisa “e il nome della Vergine era Maria” (1, 27). Un nome preciso dunque, una storia concreta, autentica, in cui il piano di Dio si inserisce.

Maria: nella tradizione occidentale è stato spesso tradotto con “Stella del Mare”. In ciò si esprime proprio questa esperienza: quante volte la storia appare come un mare buio che colpisce minacciosamente con le sue onde la navicella della vita. Talvolta “la notte sembra impenetrabile e spesso può crearsi l’impressione che solo il male abbia potere e Dio sia infinitamente lontano” (Benedetto XVI, 12/09/2009).

Si giunge a vedere come molto distante la grande Luce di Cristo, che ha vinto il male e la morte, mentre si distingue più nitidamente quella della bontà, emanata dalla Madre, che invita a non temere. In questo Nome, quello di Maria, si vede allora un riparo dai pericoli, un porto sicuro, come ricorda l’illuminante omelia di San Bernardo:

“Chiunque tu sia, in questo mare che è il mondo, tu che piuttosto che calcare la terra ferma ti senti sballottato quaggiù, nel mezzo di uragani e tempeste, non distogliere mai i tuoi occhi dalla luce di quest’astro, se non vuoi vederti subito sommerso dai flutti della marea.

Se il vento delle tentazioni ti assale, se gli scogli della sventura ti si parano davanti, guarda la Stella, rivolgiti a Maria. Se la collera, l’avarizia, la seduzione della carne sballottano la fragile barca della tua anima, rivolgi il tuo sguardo a Maria. Quando, tormentato dall’enormità delle tue colpe cominci ad essere afferrato dal baratro della tristezza e dall’abisso della disperazione, pensa a Maria” (In onore di Maria).

Nell’esperienza di questo Nome, più soave “dei preziosi balsami” (Ecclesiaste, VII, 2), si scorge qui uno sguardo di dolcezza, di profonda maternità verso gli uomini. Dio, attraverso il nome di Maria, perdona le colpe, sana le ferite, guarisce le piaghe dell’umanità: “è il nome più materno che ci sia”, sostiene San Pietro Crisologo, il solo capace di intenerire sempre il Cuore di Dio, fino a spalancarlo e a commuoverlo.

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“Addolorata, in pianto/ la Madre sta presso la Croce / da cui pende il Figlio” (trad. Stabat Mater diJacopone da Todi).

Madre di fermezza e di responsabile costanza

Maria sta: è la cosa più difficile per una madre. Stare è il contrario di fuggire, di sottrarsi, di far finta di capire; ma è anche il contrario di voler intromettersi, soprattutto quando il figlio appare in pericolo.

Stare è “fare la volontà di Dio” (Mt. 12, 50), anche quando quell’Eccomi diventa una tortura per il cuore o quando non viene meno la fiducia verso quel Figlio che sembra fallire davanti al mondo, fino alla croce, vissuta come un abbandono, una fuga nel buio giardino degli Ulivi, da parte degli amici più intimi e dei discepoli.

E lei sta sotto la croce: Maria che condivide la compassione del Figlio per i peccatori. Come affermava san Bernardo, la Madre di Cristo è entrata nella Passione del Figlio mediante la sua compassione (cfr Omelia per la Domenica nell’Ottava dell’Assunzione).

Ai piedi della Croce si realizza la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35) dal supplizio inflitto all’Innocente, nato dalla sua carne. Come Gesù ha pianto (cfr Gv 11,35), così anche Maria ha certamente pianto davanti al corpo torturato del Figlio. Il suo pudore verginale, “la sua riservatezza, tuttavia, ci impedisce di misurare l’abisso del suo dolore; la profondità di questa afflizione è soltanto suggerita dal simbolo tradizionale delle sette spade” (Benedetto XVI, 15/09/2008), spesso raffigurate nell’arte popolare.

La Croce è tuttavia, riprendendo le parole del domenicano Marie-Dominique Philippe, “la grande epifania dell’amore”, da cui nasce la gioia profonda della Vita vera, quella della Pasqua. Solo dalle parole che il Crocifisso rivolge a Maria, “donna” – “madre”, si coglie “la profondità dell’amore totale”, quello capace di rinnovare la terra nella nuova creazione (cfr. La stella mattutina) e che diventa realizzabile solo dalla compassione materna.

Ecco la Madre: Colei che sta, resta, con la ferma costanza della Donna dell’Apocalisse, divenendo modello di ogni donna di fede. Le lacrime versate ai piedi della Croce si sono trasformate in un sorriso che nulla ormai spegnerà, pur rimanendo intatta la sua compassione materna verso ogni suo figlio, in particolare verso coloro che sono in preda alla sofferenza, come ricorda la preghiera del Memorare (“Ricordati”), che esprime molto bene questa fiduciosa confidenza.

Donna scelta da Dio per divenire Sua dimora; Nome che commuove l’Altissimo; Madre di ogni figlio sofferente: usando l’espressione di Sant’Ireneo di Lione, è “grembo che rigenera gli uomini a Dio” (Adversus Haereses, I), modello che lungo il cammino dei giorni, e di questo mese, traccia la via sicura alla santità.