Si avvicinano le elezioni e, come sempre, torna di grande attualità il tema del “voto utile” ai grandi partiti.
Non è ovviamente nostro compito dare indicazioni di voto, ma vorremmo affrontare in questo articolo una domanda: il voto per una lista va davvero a quella lista? Questo problema è stato sollevato anche di fronte alla Corte Costituzionale perché la questione rappresenterebbe davvero una grave anomalia, che riguarda tutti i cittadini, soprattutto quelli che intendono votare per i piccoli partiti.
L’attuale legge elettorale prevede delle soglie di sbarramento per l’accesso al Parlamento da parte delle liste, onde evitare una frammentazione eccessiva delle Camere (che già sono tristemente note per avere numerosi gruppi politici, anche di piccole dimensioni). Nel sistema elettorale con cui andremo alle urne il prossimo 4 marzo (il “Rosatellum”) la soglia di sbarramento è fissata al 3% per i partiti singoli e al 10% per le coalizioni.
Ciò significa che le liste che non raggiungono la percentuale indicata non avranno rappresentanti in Parlamento. Ma c’è un’altra soglia, più sibillina e assai importante, che è quella dell’1% per i piccoli partiti all’interno di una coalizione.
Se non si raggiunge (almeno) questo livello, infatti, i voti non vengono proprio conteggiati, né per il partito né per la coalizione. Se invece il numero di voti è compreso tra l’1% e il 3% la lista non eleggerà nessun parlamentare ma i voti ottenuti saranno comunque conteggiati a livello di coalizione. Queste preferenze “disperse” saranno però divise fra gli altri partiti alleati. Tale sistema vale per la Camera dei Deputati.
Per il Senato invece la questione è ancora più complessa perché il calcolo delle soglie di sbarramento tiene conto anche delle singole regioni, visto che l’articolo 57 della Costituzione afferma che “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero”.
Quindi una lista “piccola” a livello nazionale (che sicuramente non eleggerà alcun rappresentante) ma fortemente radicata in un certo territorio, se supera la soglia del 20% in una regione potrà accedere alla divisione dei seggi o quanto meno i suoi voti non andranno dispersi (se fa parte di una coalizione). Nella circoscrizione “Estero” il discorso sarebbe ancora diverso ma non ci addentreremo nell’argomento.
Basti solo sapere che in Italia le liste sono bloccate, il territorio è diviso in collegi uninominali, una quota è proporzionale, l’altra maggioritaria, ecc., mentre all’Estero di questo non v’è traccia perché si vota con il sistema delle preferenze.
Insomma, per come è strutturata la legge elettorale il voto a un partito non solo non garantisce che esso possa eleggere dei deputati o dei senatori ma, nel caso delle coalizioni, quel voto potrebbe essere dirottato su altre liste o addirittura nemmeno calcolato. Un bel pasticcio, che la Consulta sicuramente risolverà. Ma non prima del 4 marzo…