(di Pier Giuseppe Accornero)
C’è una categoria che ha operato molto nella Resistenza e che è totalmente ignorata, come non fosse mai esistita. Sono le religiose che hanno svolto un ruolo importante, senza mai brandire un’arma ma abbracciando carità, coraggio, resistenza civile all’oppressione e alla violenza; hanno salvato migliaia di persone nei conventi, negli ospedali, negli istituti: ebrei, partigiani, sfollati, ricercati, sbandati, renitenti alla leva, perseguitati politici, comunisti, socialisti, democristiani.
Non hanno ricevuto e non ricevono la dovuta attenzione: le suore sono abituate a non far rumore, consumano la vita in modo umile e nascosto. Alcune toccano vette di eroismo. Dopo l’8 settembre 1943 in molte località italiane, conventi, collegi e istituti cercano di contenere la violenza, di assistere la popolazione, di farsi carico del destino di estranei, di sfamare, nascondere e proteggere. A Roma 4 mila ebrei furono salvati in 200 istituti religiosi: 33 conventi preservati dalle incursioni naziste come “siti extraterritoriali”.
Le Benedettine di Priscilla distribuirono falsi documenti d’identità e tessere. Le suore Compassioniste di Maria accolsero 60 signore ebree con le figlie. Scrive Giorgio Vecchio nel libro da lui curato “Le suore e la Resistenza” del 2010: “Nei libri di storia contemporanea, della Seconda guerra mondiale e della Resistenza, le suore non esistono”. Occorre recuperare “questa storia di donne religiose”.
Diversi i motivi della “clamorosa dimenticanza”: la convinzione che la Resistenza fosse solo un fatto militare scordando i “buoni samaritani”, preti e suore; quella che Giorgio Vecchio chiama “discriminazione storiografica verso le donne autrici di una scelta incomprensibile come quella religiosa”; la ritrosia delle suore “ammantate di modestia virtuosa”. Il libro mostra le fantasiose modalità di partecipazione alla Resistenza “nel senso più ampio, ovvero come lotta non armata o Resistenza civile”. Le religiose operano nel salvataggio e nell’assistenza, nel sostegno alla Resistenza: “scarse le testimonianze dirette”.
Il diario di madre Imelde Ranucci da Palagano (Modena) morta nel 1980, dal titolo “Lacrime e Sangue”, “è una rarità nel quale si colgono tanti aspetti importanti nell’operare delle religiose, come l’azione corale svolta per la salvezza degli ebrei, il coinvolgimento con la Resistenza, l’ospitalità verso i sofferenti, la mediazione tra le parti, la salvezza ottenuta per il paese, la comprensione umana verso i nemici”.