(Mario Berardi)
La spallata Salvini-Meloni contro il Governo per andare alle elezioni politiche in autunno è fallita per tre ragioni essenziali: l’urgenza della trattativa con l’UE per il recovery fund; l’opposizione di Berlusconi alle urne e al disegno sovranista; il fermo intervento di Grillo a favore di Conte, contro i “mal di pancia” di settori pentastellati e dem.
Va inoltre sottolineata la debolezza dell’impianto programmatico Lega-Fratelli d’Italia, senza una chiara proposta per il dopo-voto (anche per la pandemia Salvini continua a proporre il “libera tutti”, mentre il governatore Zaia minaccia nuove chiusure a tutela della salute).
Il Governo tuttavia non ha un cammino facile, non solo per la gravità dei problemi da affrontare, ma anche per le permanenti divergenze politiche nella maggioranza. Le ha affrontate apertamente il fondatore del M5S con una duplice apertura: alla leadership di Conte nei pentastellati, all’alleanza organica con il Pd, non solo a Roma ma anche nelle prossime elezioni regionali e locali.
Non sfugge infatti la dimensione del voto amministrativo del 20 settembre, accorpato al referendum sul taglio dei parlamentari. L’eventuale vittoria del centrodestra in 4 delle 6 regioni chiamate alle urne favorirebbe all’opposizione un motivo forte per chiedere al Quirinale il voto anticipato, non più in autunno ma all’inizio della primavera.
A questo si aggiunga che il probabile successo del referendum potrebbe delegittimare l’attuale Parlamento di mille componenti.
Conte, Grillo e Zingaretti puntano a un accordo politico di lunga scadenza, sino a febbraio 2022 (elezione del Capo dello Stato), ma all’interno dei due partiti i dissensi non mancano. Per ora l’accordo M5S-Pd è in dirittura d’arrivo in Liguria, mentre si tenta nelle Marche; nessuna intesa invece in Campania, Toscana, Puglia, Veneto.
In casa Pd, Torino e il Piemonte hanno rigettato l’invito di Zingaretti, Orlando e Franceschini ad andare al voto locale insieme ai grillini (a cominciare da Torino), con toni da acerrimi nemici.
Emerge un contrasto tra Roma e le realtà regionali, come già nelle vicende del Coronavirus. C’è da chiedersi cosa siano oggi i partiti, nazionali o locali, e con quale unità affrontino le varie questioni. È possibile esprimere modelli contrastanti di società in uno stesso partito senza accrescere la già diffusa confusione politica negli elettori?
Uno spiraglio politico positivo per il Governo giunge invece dal fronte europeo perché la vicenda del Mes sembra schiarirsi. Anzitutto l’UE ha garantito trattati alla mano che il finanziamento di 37 miliardi per la sanità sarebbe senza condizionalità (nessun rischio di “troika alla greca”, per capirsi), con un risparmio di quasi 5 miliardi in dieci anni rispetto al ricorso al mercato interno o internazionale per reperire un uguale ammontare di prestiti.
Contestualmente il ministro Di Maio, in un’intervista a un quotidiano austriaco, ha negato un pregiudizio ideologico, rimandando le scelte alle decisioni di settembre del premier Conte: in altre parole una prima apertura; contestualmente Berlusconi ha confermato il suo sì, sulla linea della Merkel, all’opposto di Salvini-Meloni.
Un’altra “spina” estiva per il Governo è il prossimo voto del Senato sul nuovo scostamento di bilancio di 15-20 miliardi per finanziare il deficit da Covid di Regioni e Comuni e per avviare l’anno scolastico il 14 settembre. Per il sì occorre la maggioranza assoluta (161 voti) e Conte sta trattando il sostegno del gruppo dei “Responsabili” nell’ipotesi di un no del destra-centro e dei radicali.
È invece alla fase finale, nelle aule parlamentari, il decreto-legge “rilancio”, che ha confermato tra le novità i maggiori stanziamenti per le scuole paritarie, senza esclusioni, e per il raddoppio delle pensioni per i disabili: misure di giustizia, varate da un ampio schieramento parlamentare.
È infine in elaborazione, con un’approvazione salvo-intese, il decreto-legge sulla semplificazione delle linee burocratiche dello Stato, con particolare riguardo agli appalti, nell’obiettivo di accelerare l’iter dei lavori pubblici.
Su questa complessa materia ci sono ancora trattative tra grillini e dem, mentre c’è l’intesa sulla proposta alla UE per un uso delle risorse europee a favore della riduzione delle tasse, dello sviluppo della rete ferroviaria, dell’estensione di internet su tutto il territorio nazionale, incluso il sud (qui una famiglia su cinque non dispone della rete).
In conclusione; la nave va, ma la tempesta è sempre dietro l’angolo.