Questa segnalazione della mostra fotografica “Mimmo Jodice. Senza tempo”, inaugurata il 29 giugno e aperta fino al 7 gennaio 2024 alle Gallerie d’Italia, intende costituire più un invito a visitare un’eccezionale esposizione che non ad affrontare e approfondire il linguaggio dell’artista. Jodice, nato a Napoli nel 1934, iniziò a lavorare molto presto, all’età di 10 anni, per aiutare la famiglia dopo la morte del padre.

Scoprì però subito di avere una grande passione e talento per il disegno, che dapprima praticò disegnando con i gessi per terra, poi utilizzando i colori sulla carta, finché scoprì la fotografia che divenne subito interesse totalizzante.

All’inizio del suo percorso fotografò il suo mondo, cioè i ragazzi che lavoravano, lavori umili, ambienti poveri, situazioni a lui familiari. Negli anni ’60 e ‘70 emerse l’impegno sociale.

Jodice, utilizzando lo strumento fotografico, avviò inchieste sul lavoro minorile e la condizione umana negli ospedali psichiatrici e pediatrici denunciando, attraverso le immagini, i mali della società, ricavandone purtroppo profonde delusioni.

Nella sua attività professionale, oltre a conferire grande attenzione alla luce – a cui continua ad annettere molta importanza -, ritiene fondamentale, dopo lo scatto, l’impegno in camera oscura.

Come afferma lui stesso: “Sviluppare il rullino, fare i provini a contatto e scegliere quali fotografie sono importanti per il mio progetto. Preparare le vasche per lo sviluppo e il fissaggio del lavoro stampato. Poi comincio a stampare. Il lavoro in camera oscura è per me fondamentale: faccio molte prove con tagli diversi, lavoro con le mani, coprendo o dirigendo la luce sul lavoro da stampare”.

Al centro della sua attenzione è sempre stata la luce, come ricordato poc’anzi, elemento così indispensabile da impedirgli di fotografare quando non è quella giusta.

A partire dagli anni ‘80 la figura umana sparisce dalle sue fotografie: tutta la sua attenzione è rivolta al paesaggio.

La realtà esterna e la sua percezione interiore coincidono, poiché la fotografia per Jodice non è documentazione o rappresentazione del reale, ma visione.

La mostra presenta 80 immagini in b/n, prevalentemente di grande formato, realizzate a partire dal 1964 e fino al 2011, organizzate in sezioni tematiche dai titoli Anamnesi, Linguaggi, Vedute di Napoli, Città, Natura e Mari.

Nella prima sezione sono presenti volti tratti da statue e mosaici della civiltà del Mediterraneo, immagini che lo hanno reso famoso.

Nella successiva, Linguaggi, gli scatti hanno un formato più piccolo e sono di tipo concettuale, frutto della sperimentazione di tecniche varie realizzate in camera oscura.

Nelle Vedute di Napoli, la serie realizzata nel 1980, si trovano particolari di architetture, sculture elementi di vita quotidiana che mettono in evidenza il trasporto di Jodice per la sua città.

Proseguendo si snodano le Città da lui visitate e amate come Montreal, Parigi, Roma ed anche Torino alla quale ha dedicato un’immagine di Piazza Vittorio scattata nel 2005, ricca di pathos.

Lo spazio Natura ospita una serie di immagini qui esposte per la prima volta: le piante sono protagoniste e soggetti assoluyi dei suoi scatti come il “Ficus elastica” del 1987 e l’Oasi Zegna del 2002. Ma la sezione in assoluto più lirica è quella che rappresenta i Mari, in cui le immagini si discostano da quelle più consuete e appartengono esclusivamente al suo mondo poetico.

A chiudere del percorso un imperdibile filmato-intervista di Mario Martone, noto regista cinematografico e teatrale, grande amico di Jodice.

Luisa Marucco

 

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Redazione Web