La mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”, in corso dal 25 febbraio al 4 giugno negli spazi di Camera (Centro italiano per la fotografia), presenta 170 immagini fotografiche, per lo più in bianco e nero e inedite, realizzate dalla grande artista americana (1912-2012) Eve Arnold, figlia di ebrei russi emigrati negli Usa e morta a quasi cent’anni a Londra dove si era trasferita stabilmente dal 1962.
Pur avendo iniziato l’attività di fotografa a 40 anni e quasi per caso, è stata la prima donna, insieme a Inge Morath, a entrare nel 1951 nella prestigiosa agenzia Magnum Photos invitata da Henri Cartier Bresson.
Personalità eclettica, dotata di grande sensibilità, curiosità e determinazione, è riuscita a restituire immagini di grande efficacia spaziando dai ritratti delle dive hollywoodiane, alla documentazione della faticosa vita dei lavoratori migranti impegnati nella raccolta delle patate, passando per i réportage sulle rivendicazioni degli afroamericani.
Ha affrontato temi come il razzismo negli Stati Uniti, l’emancipazione femminile, l’interazione fra differenti culture nel mondo.
A conferirle particolare notorietà sono stati soprattutto i suoi servizi sui set cinematografici.
La serie delle immagini, scattate quasi per caso, a Marlene Dietrich che la ritraggono in pose scanzonate mentre fuma e canta, evidenzia il suo talento.
Più note sono quelle dedicate a Marilyn Monroe con la quale instaurò un reale rapporto di amicizia che le consentì di mettere in luce la persona, e non solo la diva.
Anche a Joan Crewford, mentre si sottopone a rituali di bellezza, riuscì a scattare immagini non convenzionali, come pure a Orson Welles, Silvana Mangano e a tanti altri attori anche italiani.
Eve Arnold seppe entrare in sintonia, cosa non facile, con tutti i suoi interlocutori, abbattendo barriere e reticenze.
Prova ne sono i ritratti di Malcom X, che le hanno consentito di partecipare direttamente agli importanti raduni dei Black Muslims, e i réportage delle numerose sfilate di moda afroamericane ad Harlem (fu proprio quello il suo primo servizio), con riprese anche dietro le quinte, accolte con totale indifferenza, se non con ostilità, dalla comunità della moda bianca.
Anche dal punto di vista della tecnica fotografica fu un’innovatrice, soprattutto per quanto riguarda gli interni e la moda: le immagini venivano scattate con illuminazione naturale, senza filtri e flash, richiedendo pertanto un lavoro più impegnativo e accurato in camera oscura.
Quel suo primo lavoro fu considerato all’epoca scandaloso in America, e quindi rifiutato, ma fu poi pubblicato nel 1951 dal giornale londinese Picture Post e altre riviste europee.
Da segnalare anche i ritratti di Jackie Kennedy, di Margaret Thacher, del senatore McCarthy e di altri politici, cui si dedicò per restituire loro un’immagine di normalità.
Tra i suoi réportage più emozionanti si ricorda quello realizzato al reparto maternità del Mater Hospital di Port Jefferson nel 1952, dove trascorse molti mesi riuscendo a catturare le immagini dei primi 5 minuti di vita dei neonati dopo la nascita.
Un réportage che effettuò proprio nell’anno in cui le morì un figlio.
L’opera della Arnold è stato un inno alla emancipazione femminile, poiché suoi soggetti sono stati prevalentemente le donne: lavoratrici, madri, bambine, dive, suore riprese al solo scopo di conoscerle per raccontare la loro condizione.
Quest’atteggiamento l’ha guidata anche nei servizi più delicati realizzati nei reparti maternità di tutto il mondo, spinta dall’esigenza di esorcizzare il dolore per la perdita del figlio.
Luisa Marucco
Redazione Web