Mentre orde di trattori in tutta Europa trotterellano al canto del diesel verso i centri di potere politico del Vecchio continente per porre in atto le loro proteste, il popolo dei supermarket europei attende ai box l’esito della tenzone impugnando i carrelli della spesa. Notizie distopiche da Ivrea: (probabile) cassa integrazione per i dipendenti Carrefour che registra il crollo dell’8% di fatturato, e nel contempo nuove e grandi costruzioni in cemento sorgono lungo l’antica via romana per Vercelli, per ospitare un’altra sigla della Grande Distribuzione Organizzata.
Nel frattempo i coltivi si riducono e le proteste aumentano contro la limitazione ai pesticidi e al problema dell’Irpef, la cui detassazione ultima risale alla legge di bilancio 2022 e quindi lascia scoperti il 2023 e quest’anno. Di contro il mercato e le leggi di tutela europee e nazionali non sono in grado di garantire un riparo alla concorrenza dei cibi che arrivano da un lontano altrove, grazie – si fa per dire – alla regola del “pecunia non olet”: vale a dire che i soldi non puzzano di diesel combusto, di pesticidi, di lavoro dei bambini, di plastica e tutto quel nefando universo che non ci turba perché non lo si conosce bene.
La olistica politica del green ad ogni costo non fa i conti con i costi delle transizioni energetiche: teoricamente per loro è tutto facile, ma non ho mai sentito nemmeno parlare di propotipi elettrici di trattori o di tir. L’unico bulldozer a pile che ricordo è quel giocattolo che regalai a mio figlio per un Natale di vent’anni fa.
Svendere i prodotti della terra e perdere anche gli investimenti di produzione sembra l’orizzonte che hanno davanti gli imprenditori agricoli, che per di più devono sentirsi raccontare quotidiane storie colossali lanciate da questa nuova crociata del green tutto e subito.
Mentre faccio queste considerazioni in auto, punto con disinvoltura al “Prater nostrano” per parcheggiare: piazza Freguglia è un magazzino di tende, reti e infrastrutture colorate per l’imminente carnevale. I posti sono più che ridotti ovviamente e nella consapevolezza che sto per parcheggiare in uno dei luoghi simbolo della battaglia delle arance, mi immagino torme di aranceri che si battono con onore sotto i carri da getto in quel profumo inteso di aranciata da battaglia. Infilo uno stallo e l’anteriore sinistra sprofonda in un buco nell’asfalto di almeno 10 centimetri. Il botto in effetti mi sveglia completamente, come se fossi saltato su una mina.
Mi consolo pensando che in fondo anche il parcheggio in centro è un vero campo di battaglia… Nel frattempo, in mente si presenta il volto del mio gommista di fiducia che, con o senza cappello frigio in testa, mi sorride sornione!