Qualche giorno fa, mentre viaggiavo in metropolitana a Roma, ho visto un banner pubblicitario di una marca di medicinali per la tosse che mi ha fatto sorridere. Raffigurava alcuni frati, uno con in mano una boccetta di medicinale, accompagnati dallo slogan: “Per la tosse che non perdona”. Ho scoperto che in passato la stessa casa farmaceutica aveva realizzato uno spot simile, ambientato in un convento, con un amanuense che tossiva disturbando la biblioteca, e il frate che gli offriva il medicinale per calmare la situazione.
L’anno scorso erano diventate virali due pubblicità: quella di una nota marca di patatine, che finivano in una pisside in sostituzione delle ostie consacrate ottenendo l’apprezzamento di un gruppo di suore; e quella della squadra di calcio dell’Atlético Madrid, in cui una monaca anziana osservava la bandiera sullo stadio con un cannocchiale, esultando al ritorno del vecchio logo. Entrambi gli spot hanno suscitato polemiche, soprattutto quella delle patatine per il messaggio dissacrante, e ci fanno riflettere su come il mondo ci vede: attraverso stereotipi dei nostri rituali. Sembra che noi cristiani non siamo più in grado di comunicare ciò che c’è sotto la superficie. O forse è il contrasto sacro-profano a risultare troppo goloso per il pubblicitario.
Ancora più grave è quando la Chiesa stessa adotta tecniche pubblicitarie poco pertinenti. Un esempio è una locandina di un evento parrocchiale (evito di citare il luogo) che, per attirare i giovani, imitava le pubblicità dei fast-food, puntando sull’hamburger regalato piuttosto che sul tema dell’evento, nemmeno citato. Altri ce ne sarebbero.
Queste trovate pubblicitarie non aggiungono nulla. Chi andrà a quell’evento solo per ricevere l’hamburger resterà deluso e chi vorrà comprare il libro del Papa non lo farà solo perché ne ha visto la pubblicità sul bus. È un’immagine strumentalizzata secondo logiche di mercato. Se il mondo rappresenta la Chiesa con stereotipi, il danno maggiore si ha quando siamo noi stessi a usare queste logiche, riducendoci a un prodotto da vendere. La vera sfida è comunicare con autenticità e coerenza la profondità del nostro messaggio, senza svilirlo a semplice slogan commerciale.