(Graziella Cortese)
Quale ineffabile tempismo, quello del maestro Woody Allen, che ci regala la sua ultima pellicola nel mese più piovoso dell’anno… E di questo cinema leggero dove le gocce di pioggia si mescolano con i desideri e i sogni umani, in mezzo alle note della musica jazz, è forse capace soltanto lui.
Siamo di nuovo a New York, come quarant’anni fa per Manhattan: Gatsby e Ashleigh sono molto giovani e innamorati, entrambi studiano alla Yardley University e non sanno ancora di preciso quello che riserverà loro il futuro. Il ragazzo è elegante, con un occhio sempre rivolto al passato, intellettuale demodé in perenne conflitto con la madre che egli considera arcigna e piena di pregiudizi; la giovane Ashleigh è invece un’ingenua ragazza di provincia, figlia di ricchi banchieri dell’Arizona, diligente negli studi e aspirante giornalista: al college ha ottenuto l’incarico di intervistare Roland Pollard, famoso regista di cui è ammiratrice. La coppia decide di trascorrere il fine settimana nella Grande Mela per realizzare l’intervista e per organizzare un programma romantico tra una passeggiata al Central Park, una visita al MoMa e ai vecchi hotel, un viaggio in carrozza per baciarsi sotto la pioggia… ma ogni tappa del programma subirà variazioni improvvise poiché i due ragazzi faranno incontri inaspettati e bizzarri che li costringeranno inevitabilmente ad allontanarsi.
Ma una commedia romantica richiede sempre il lieto fine? In un certo senso sì: alla Woody Allen però.
Il film è stato accompagnato dalle polemiche relative alle vicende giudiziarie del regista, ma queste non hanno scalfito il fascino senza tempo delle immagini e la magia delle riprese cinematografiche: grazie alla fotografia di Vittorio Storaro i colori della città si trasformano.
Anche secondo Gatsby, che è alla fine un inguaribile sognatore, “la vita reale è per chi non sa fare di meglio”.