Diventare genitore è difficile: ogni concepimento genera preoccupazione, anche quando una gravidanza è desiderata. Un futuro genitore si rende conto della responsabilità che sta assumendo e gli capita di pensare di non essere in grado di portare avanti un compito così importante. Ma questo è normale, fa parte del percorso di nascita e di crescita di chi si appresta a diventare madre o padre.

Ogni bambino dovrebbe nascere da un progetto di vita e d’amore e ogni gravidanza dovrebbe essere consapevole, responsabile, accompagnata, per garantire al nascituro e ai genitori, di crescere nella migliore salute possibile. Quando la gravidanza non è desiderata o – per i motivi che solo quel genitore conosce – è ritenuta impossibile, insostenibile o un problema troppo grosso da gestire, in quei casi lo Stato, le istituzioni religiose, le associazioni del terzo settore, assicurano di far nascere il bambino in un ambiente idoneo, permettendo alla madre di avere un parto protetto, accudita, ed essere garantita dalla legge laddove non desideri riconoscere il bambino, che sarà affidato alle cure del personale sanitario, prima di avviare un percorso di adozione in tempi celeri.

Il bambino abbandonato pochi giorni fa a Villanova Canavese è vivo per miracolo. Alla madre non è stato possibile dare alcuna protezione, cura, sollievo, dovuti anche a chi prende la decisione sofferta e complicatissima, di lasciare il proprio figlio in una busta di plastica.

Il parto in anonimato è un diritto e le culle per la vita sono ormai distribuite in ogni regione; si può affidare i neonati in ospedale, nelle chiese, nelle stazioni di carabinieri e di polizia e anche in un rifugio protetto avvisando immediatamente i soccorsi.

Il diritto della madre a non essere nominata nel parto è garantito anche ora che le leggi si pongono quesiti in merito al diritto all’identità personale della persona adottata. Accedere ai servizi pubblici per il monitoraggio della gravidanza permette l’attivazione di percorsi e di canali che possono “prevedere” l’abbandono del minore come ultima ratio, al fine di trovare soluzioni di sostegno alla donna e al bambino e offrendo sempre un parto in sicurezza.

La madre ha tempo venti giorni per cambiare idea e riconoscere il bambino. Al di là di quel tempo scatta l’adottabilità.

Gli abbandoni di neonati in condizioni di insicurezza, devono farci riflettere sulla necessità di sostenere politiche a favore della donna e del minore. Diventa indispensabile favorire l’accesso alle strutture istituzionali, ma anche ampliare la rete di servizi di ascolto e accoglienza sul territorio per riconoscere le condizioni di disagio che possono dare vita a gesti sconsiderati.

La prossimità, che dovrebbe permettere a chi lavora nei diversi servizi di poter conoscere bene la popolazione di quel territorio deve essere ancora realizzata. Troppo poco il personale impiegato, troppo poco il tempo da dedicare a ciascun caso.