In continuità con il brano evangelico della scorsa domenica, anche in questa occasione siamo chiamati a riflettere sul rapporto tra cibo materiale e cibo spirituale e restiamo invitati da Gesù a capire cos’è che veramente può saziare l’umanità e placarne la sete di vita e d’amore.
Ricordo che ai tempi dell’università, frequentata in una delle facoltà più laiciste d’Italia, era molto vivo il dibattito sul rapporto tra fede e ragione e sul loro ruolo nella società contemporanea. Erano i primi anni del pontificato di Benedetto XVI, che con i suoi discorsi sollecitava e talvolta infiammava l’opinione pubblica, che si divideva tra (pochi) favorevoli e (molti) contrari agli insegnamenti del Papa.
Proprio in quel periodo, a proposito della dialettica tra spirito e materia, ho udito sostenere, da studenti e professori, tesi diametralmente opposte. Alcuni ritenevano che i popoli più poveri di beni materiali fossero più portati alla spiritualità, come a compensare una mancanza, sperando in un riscatto nell’aldilà: la religione sarebbe perciò progressivamente declinata con la diffusione del benessere. Altri, al contrario, ritenevano che l’essere umano avesse innanzitutto tentato di risolvere i problemi di sostentamento e solo in un secondo momento coltivato il rapporto con il divino: la religione sarebbe stata perciò un passatempo per chi aveva già risolto le questioni più impellenti. L’evidente contraddizione tra le due opinioni, in un ambiente impregnato di relativismo, non stupiva nessuno.
Partendo da presupposti puramente terreni, non si voleva, e forse non si vuole tuttora, pensare al fatto che la spiritualità è un’esigenza insopprimibile di ogni persona umana, poiché inscritta da Dio con la Creazione: corpo e anima sono nati insieme nell’uomo e l’uno non viene prima dell’altra.
Allora, come chiese la folla: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. Come sempre, un problema di fede.
Gv 6,24-35
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.
Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?».
Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».