(Mario Berardi)

Nelle ore in cui questo giornale va in stampa, alle Camere va in scena lo psicodramma del Mes, dell’Europa, del futuro del Governo. Arriva alle sue estreme conseguenze il voto politico del 2018 che diede la maggioranza del Parlamento agli euroscettici: M5S, Lega, Fratelli d’Italia.

Ma in due anni lo scenario mondiale e nazionale è cambiato: il numero uno dei sovranisti, Donald Trump, sta per uscire dalla Casa Bianca; al Cremlino l’autocrate Vladimir Putin è assediato dalle crisi dell’ex impero sovietico (ultima quella esplosa in Bielorussia); a Bruxelles la linea dell’austerity è stata sostituita da una via moderata alla solidarietà, con l’ascesa di Ursula von der Leyen alla guida della UE. Per la sua elezione furono determinanti i voti degli eurodeputati del M5S, che segnarono un cambio di rotta della politica estera grillina; ma ora, di fronte alla riforma del Salva-Stati, un gruppo di parlamentari pentastellati minaccia il voto contrario, dichiarandosi disposto anche alla caduta del Governo e unendosi al previsto “no” di Salvini-Meloni.

L’altra novità è il cambiamento di strategia di Berlusconi, nonostante sia stato il suo Governo, nel 2011, a varare la procedura per l’adesione al patto europeo di stabilità. Secondo alcuni commentatori il leader di Forza Italia avrebbe ceduto al ricatto di Salvini (rottura del destra-centro e ritiro della candidatura al Quirinale dell’ex premier).

Altri media vedono un accordo sotterraneo con Renzi per un altro governo: il leader di Italia Viva contesta a Conte di voler accentrare su Palazzo Chigi la gestione dei 207 miliardi del Recovery-fund; peraltro il premier ha commesso un errore politico nel presentare un piano di investimenti e una cabina di regia senza una preventiva consultazione di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.

Ma il voto al Senato è anzitutto una scelta pro o contro l’Europa: bocciando la riforma del Mes, l’Italia metterebbe il veto a un cambiamento giuridico di norme che riguardano soprattutto le banche. Non c’è nessun obbligo di farne uso, né si richiedono i famosi 37 miliardi; sarebbe un no a 26 Paesi che l’hanno firmato, alla stessa stregua dei veti che Polonia e Ungheria stanno attuando contro di noi bloccando il Recovery-fund. Come potremo opporci agli Stati sovranisti comportandoci allo stesso modo?

Si obietta che le modifiche al Trattato avvantaggerebbero le banche tedesche; è una critica analoga a quella dei Paesi cosiddetti frugali che contestano il primato dato all’Italia (207 miliardi) nell’assegnazione dei fondi del Recovery-fund. L’Europa non può essere considerata come un magazzino a cui attingere senza pagare indennità, anziché una comunità di popoli con diritti e doveri, in una logica di coesione e sviluppo. D’altra parte senza l’Europa dove andrebbe l’Italia, in piena pandemia, con un deficit statale record, con 7 milioni di persone in difficoltà? Una scelta autarchica non avrebbe le risorse per combattere la doppia crisi, sanitaria e sociale.

Se poi il Salva-Stati fosse un pretesto per abbattere Conte, allora la scelta sarebbe ancora più grave, perché il rapporto con l’Europa non può essere merce di scambio tra le forze politiche. Non si può lavorare per l’isolamento internazionale dell’Italia. In ogni caso una verifica di governo è prevista a breve, anche per l’ultimatum di Renzi a Conte sul Recovery-fund.

L’instabilità politica turba gli italiani, che appaiono confusi e disorientati: secondo un sondaggio SWG per “La7”, il 34% sostiene il Governo, il 6% chiede il rimpasto, il 29% è per elezioni anticipate, l’11% per una nuova coalizione, mentre il 20% non si pronuncia.

In concreto nessuna tesi appare maggioritaria. Fermo invece il quadro politico, con il 40% all’asse Salvini-Meloni, il 20 al Pd, il 15 ai grillini, il 6 a Berlusconi. Invece il Paese ha approvato le linee restrittive del Governo per la lotta al Coronavirus (64%), anche se permane lo sconcerto per la lunghissima chiusura delle scuole superiori, con un primato negativo in Europa.

Continua infine lo scontro istituzionale Stato-Regioni, con un forte contributo al clima di ansia e anarchia che attraversa varie aree del Paese. Anche il comico Grillo partecipa agli slogan confusionali, attaccando la Chiesa sull’Imu ma ignorando il grande impegno delle comunità cristiane a favore dei più deboli, abbandonati, sofferenti. Per difendere i pentastellati dagli sbandamenti interni, il fondatore del M5S dovrebbe guardare con attenzione nel suo orto.