Riprende la sempre affascinante e commovente pericope conosciutissima come “del cieco nato”, (Gv 9, 1-41) la catechesi odierna che il Vescovo di Ivrea, Mons. Edoardo Aldo Cerrato affida al web perché raggiunga il popolo di Dio.
La Parola di Dio ci presenta quell’uomo, non giovanissimo: ha, infatti “l’età” per dire da sé, senza bisogno che i suoi timorosi genitori si espongano a spiegare ai farisei ciò che essi stessi né hanno del tutto capito, né hanno il coraggio di confessare.
Provato da una vita vissuta senza “vedere”.
E, tuttavia, non certo un “sempliciotto”: a corollario di quella così essenziale “fotografia” della situazione con la quale si toglie dall’imbarazzo per dire agli “inquirenti” cosa gli fosse accaduto («Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo») è capace di completare, subito dopo:
“Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”.
La parola di Dio che Gesù ci ha annunciato è una medicina di salvezza che ci apre gli occhi per vedere non solo bellezza della creazione, ma anche per vedere con occhi spirituali la nostra vita e la vita del mondo, riconoscendo la sua presenza e i suoi doni.
Il cieco del vangelo è nostro fratello. Ci identifichiamo con lui. Era cieco, non aveva la possibilità di conoscere tutta la bellezza che il Signore Dio ha riversato sul mondo. Non aveva modo di leggere la storia della salvezza scritta nella storia del mondo. Quest’uomo nato cieco diventa uno dei primi beneficiari della salvezza: “Perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).
Gesù è venuto nel nome del Padre per ricrearci, per renderci nuovi attraverso la sua passione e morte, la sua risurrezione e ascensione al cielo.