(Ferdinando Zorzi)

“E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce”: con questa epigrafe, tradotta dal Vangelo di Giovanni (III, 19), Giacomo Leopardi apre La ginestra o il fiore del deserto, l’ultimo dei suoi 34 Canti, quello che può essere considerato il suo testamento. Scritto o, meglio, dettato all’amico Antonio Ranieri nel 1836, quando si trovavano in una villa alle falde del Vesuvio e le condizioni del poeta erano ormai critiche. È difficile immaginare un artista ottocentesco più lontano dalla Fede di Leopardi – don Divo Barsotti lo definì “un cristiano che non sa credere in Dio” – eppure il recanatese, nel consegnare ai posteri l’ultima riflessione, centrò un problema fondamentale per la religione e per l’antropologia: il mistero del male in relazione alla condizione umana.

È un problema che ritroviamo in tutti i Vangeli ed è evidenziato nel brano di questa domenica: anche quando tutto è stato fatto con cura e per il bene può capitare che, al momento di raccogliere i frutti, i contadini trattino crudelmente i servitori del proprietario della vigna. Addirittura, arrivano ad ucciderne il figlio, con una motivazione davvero assurda: come potevano pensare di divenire eredi, già dopo i primi crimini commessi? Il male ha sempre una certa dose di mistero e irrazionalità, ma è intimamente connesso con la natura umana e deriva da una libera scelta: Leopardi, che conosceva benissimo diverse lingue antiche, traduce con il verbo “volere” il testo originale.

Stabilito dunque che il male è parte inevitabile della vita umana e, pur talvolta inspiegabile, frutto del libero arbitrio di chi si ribella al Creatore, occorre fare attenzione alle conseguenze delle nostre scelte: la posta in gioco è il regno di Dio, che sarà dato a un popolo che ne produca i frutti del bene.

Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna.
La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre.
La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini
a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero,
un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”.
Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».